Sullo Stato Catacombale – testo by Lilitu

Dopo parecchi giorni così trascorsi , iniziò a sorgere in me una Nuova Comprensione di ciò che stava avvenendo. Guardavo il raggio di luce entrare trasversalmente dalla finestra e colorare di porpora incandescente la tenda rossa . Quelle poche ore di luce inalate dai miei occhi ogni giorno da mesi , mi parevanoquasi oramai surreale. E la gente in giro mi iniziò a parere surreale. E quasi quasi anche esistere sulla terra iniziò a parermi surreale , una cosa senza senso. Sostavo talvolta sullo stipite della porta finestra guardando l’ultimo sole scendere dietro il palazzao e poi negli utlimi giorni iniziai a sdraiarmi sul letto rosso per farmi illuminare da quel raggio trasversale tiepido nei suoi utlimi dieci mimuti di Vita. Come facendomi battezzare dal Sole che Muore. Stavo così appesa alla Vita mi pareva , sospesa in un tempo di cui stavo perdendo i contorni e le tracce , come un animale in amore del suo respiro e della sua roccia, e respiravo l’aria. Raccoglievo il suono del vento fra le fronte. I dettagli di questa Terra iniziarono a prendere consistenza via via che Tutto il resto spariva come dietro una lapide di nebbia. Il raggio di sole, il petalo sul cemento, l’ombra dell’albero. Verso sera poi , coltivavo abbondantemente le Visioni di Morte violenta dei miei gatti, oramai senza più neanche tentare di allontarle , anche se ero capace di farlo. Era stata una scelta , quella di sprofondare in questo orrore che stava transuendo in me dalla profondità alla superficie , e stava piegando a se tutti i miei spazi. Contemplavo l’immagine dei miei gatti con gli occhi cavati, fatti a pezzi, sgozzati , bruciati vivi , e continuavo a creare e ricreare queste immagini sprofondando in esse con un senso di strordimento tetro nel quale mi pareva d’esser morta . Queste visioni erano sparite dai miei sogni ed erano entrate a far parte della mia fase di veglia lucida amabilmente, e nei momenti serali,dopo una giornata di buio. Mi facevo rapire dal loro orrore fino a che una specie di nausea organica mi riempiva in ogni solco , e poi anestetizzata passavo a contemplare la Vita fuori. Alternavo queste immagini a quella della Vita che fuori si stava compiendo. In quello stato si tetro viversi da morti, mi pareva che niente avesse senso fuori da me, ed in effetti non desideravo altro che vedere fino a che punto quelle Visioni mi avrebbero portata . Non mi avrebbero mai lasciata , iniziai anche a comprendere , anche se ero capace di disciplina mentale sufficiente a cacciarle con un atto di volontà, esse sarebbero rimaste lì. La mia antica connessione con L’UNIVERSO B , che da dentro mi ha chiamata e richiamata fino a che inghiottita da quella vibrazione , mi rilevai semi viva dalla materia. Ma stavolta era diverso. Se a quel tempo fuggivo le Visioni, adesso mi ci immergevo tutta . Venivo colta da forme di immobilità sterile prolungata e sensi di vuoto sotto i piedi , venivo raccolta ad ogni folata di vento del senso del vento. Il dettaglio, in tutto questo, stava risollevandosi dalla catacomba che mi ero costruita e dove stavo per entrare . Lì con me non era più nessuno . Li avevo lasciati tutti già da tempo, con le loro lamentele, e le loro repressioni, ma questa volta era diverso. Pensando a tizio o caio, mi pareva che essi fossero esistiti in un altro tempo , in un altra Vita. Era così lontano Tutto e Tutti da lì, quando sprofondavo fitta sotto terra e da lì guardavo a cosa strisciava sopra. Con me erano i pipistrelli, la terra e il profumo delle radici. Mi ero sospesa in uno spazio liquido dove esisteva la mia sola aspirazione al Divenire e andavo facendo ciò che sapevo di voler fare. Coglievo in modo vivido la natura illusoria del vivere sulla superficie terrestre , e questa illusione verso cui nutrivo sempre meno interesse , mi si palesava nell’incontro con la meraviglia della Grandezza del dettaglio. Paradossalmente, dove la mia aspirazione mi spinse al punto di lapidarmi , colsi lo sguardo che dalla rugiada penetrava la terra . Da dove stavo guardando le cose , ciò che avevo realmente scelto continuava a permanere tale , ma molto di ciò che non era rilevante andava incontro ad una corrosione acida rapida. Posavo una tazza sul tavolo , osservavo il suo posarsi . Un semplice atto compiuto, in se perfetto. Là dove volli ciò che volli e lo feci compii il mio volere in ogni gesto che recò la sacralità di quella scelta. Nella grandezza celata di un solo gesto, chiudevo cicli e creavo mondi. L’espansione della mia volontà non era data dall’ampiezza che l’evento assumeva nell’orizzontalità, bensì in ciò che verticalmente incarnava come Idea dell’Idea. E allora quando questo avvenne io non me ne accorsi. Era solo negli ultimi giorni che abbozzai nella comunicazione fra me e me, l’oracolarità che ciò mi disse. Non sarei mai più potuta tornare indietro invero. Non da lì. Era troppo profonda la fossa dove mi ero infilata e troppa la terra che avevo riposto dietro di me. Stavo sottoterra , nella catacomba Viva che bastava a se stessa , e lì andavo cercando qualcosa. Mi fu detto che non sarei mai più rientrata da dove ero passata e che un uscita dall’altra parte della catacomba v’era . Il diamante mi avrebbe indicato la direzione. Quando veniva la sera , e nel silenzio di fioca luce mi riimmergevo ancora , questo mi era particolarmente chiaro. Questa chiarezza invero non sarebbe mai pervenuta dallo stato diurno, ne nell’atto di relazionarmi a qualcosa che non fosse me . E se l’avevo avuta dopo mesi e mesi di buio e solitudini fitte fra quattro mura protratte, me ne accorsi anche così dopo molti mesi. Posso ben comprendere quindi, cosa un esperienza di reclusione in una grotta di una settimana , senza alcun rumore ne stimolo visivo, possa fare emergere in qualcuno. L’emersione delle paure più profonde e sinistre è qualcosa che raggela , uccide, violenta. Ciò di cui stò parlando non è psichico , bensì animale. Stiamo parlando di un livello di atavismi corrosivi che si riportano alla superficie violentando così qualunque senso. Ma , io infine compresi , negli ultimi miei giorni e lo compresi con assoluta chiarezza, che il diamante si trovava lì da qualche parte e solo così lo avrei trovato. Per quanto profondamente fossi entrata nei concetti, e nella demonicità selvaggia, raggiunto il limite del primordiale incontrai ciò che stava ancora sotto. La putrefazione di tutto che si solleva dal fondo e sommerge tutto quello che non si è consolidato per tale via. Oltrepassata una certa profondità non si risale più. Si può solo uscire dall’altra parte . Uscire dall’altra parte significa trovare la chiave , derivante dalla rivelazione lacerante che illumina la catacomba, che permette la Nuova Visione. Quello è l’unico modo per vedere ciò che prima non si era Visto. L’uscita attende colui che , trovato il diamante, vedrà illuminarsi ciò che prima gli pareva senza luce . Sono brillii poco stabili che talvolta paiono accendersi qua e là , ma troppo vacui e instabili. Ciò che resta poi, in tutto questo, e ciò che tiene in Vita colui che vi è penetrato, è la Sua Volontà. Senza quella Volontà guida dell’ente nessuna uscita sarà mai possibile, poiché la vacuita’ terrifica di quel luogo inghiottirà la coscienza di colui che incapace di Altra Visione, finirà per restarci fino alla sua Morte. Ho avuto cioe l’impressione di essermi lapidata , ad un certo punto e senza chiaro motivo che non fosse inoltrarmi nella mia primordialità . E in questo inoltrarmi rapidamente sprofondai in luoghi dove il collasso di me stessa su se stessa, ad ogni nuova discesa , provocava maggiore nitidezza della Visione del dettaglio. Sai che non viè ritorno, perchè quello che hai deposto sopra , prima di scendere era ciò che restava dell’Uomo che non volevi più essere , quell’Umanità rattrapita che così tanto volesti oltrepassare. Ed infine tale fu l’aspirazione che negli anni trovai il modo di lapidarmi per amore del Potere e rinvenni Tutti così lontani, e mi parve che il tempo si fosse fermato. Fui chiamata così da dentro e poi, sguardo dopo sguardo, compresi che dovevo immergermi nel larvismo oscurante che dal fondo continuava a chiamare, perchè presso quel luogo era il Diamante , la chiave , la Visione. Non sapevi se saresti tornato mai eppure invero non ti interessava neanche così tanto. Anche lì, pur nella tua catacomba di terra, eri più Vivo dei Falsi Vivi, e in quel silenzio era più Suono che altrove , e in quell’orrore era più Reale che sulla superficie della Terra . Anche sotto la lapide che tu ti ponesti a effige dell’Uomo che aveva scelto di abbandonare la sua umanità , eri più Vivo di coloro che così andavi guardando dalla nebbia che ti divideva da tutto questo. Poichè ci si stupiva che in tutto questo non fosse Dolore o qualsivoglia emozione oscurante , ma solo un distacco lucido che si osserva senza preoccuparsi in fondo così tanto . Cosa resta dell’uomo e dei suoi strazi , dei suoi cari e dei suoi vestiti? Cosa importa in fondo avanti allo scenario illusorio di azioni rivolte all’inutile senza significato? . Guardai a tutto questo sollevando lo sguardo, stretta alla mia carne e mi parve che qualcuno si avvicinasse. La’ era qualcuno, molti , troppi, si. Ma qui era Tutto . Questo Tutto che esclude altro tutto , che non chiede perdono, che esige di ritrovarsi. E anche nell’orrore corrosivo che cerca di farsi spazio continua a riaffermare da dentro la sua Volontà di Risorgenza e questo crea la Forza in grado di fare avanzare . Non sapevi neanche qual’era il fondo , poiché la via ti aveva mostrato fondi dietro fondi e dietro fondi, come vette dietro vette e dietro vette, ed ogni volta potevi vederli solo se eri abbastanza vicino. E la via ti aveva insegnato lo stupore del tuo divenire e del tuo ogni volta Ricordare , e quindi lì mi domandai dove sarei andata e cosa sarei divenuta. Ma per la prima volta non m’importava . Aveva significato che io esistessi nella mia pienezza sempre rinnovata , e questo esigeva e giustificava ogni lascito. E così mi lapidai per meglio rivedermi . Avevo il raggio di sole trasversale che osservavo e lo sguardo di un felino che mi fissava. Di qua. Questo di qua però mi sfuggiva anch’esso, parendomi paradossale . Immagine di un tempo che però mi stava sfuggendo da dentro , come se fossi oramai sospesa in attesa del mio Peggior Rientro. E in me il Ricordo di ciò che ho compiuto , detto, fatto , aveva il sapore del sangue e la vertiginosa caduta alare dell’acquila. Se il diamante era lì sotto, sarei scesa negli Inferi infera e lo avrei trovato. Fu così che decisi la discesa. La discesa era l’unica via per il mio Ritorno. Lilitu487973_3843388087340_595740619_n

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