L’ascesa di un dio agli inferi. Black Star. Il Testamento magico di David Bowie

 

Black Star. E si avvicinò la soglia. Una catarsi emozionale che Bowie sceglie di tradurre in musica, realizzando un’opera dall’enorme valore alchemico. Ricordo di essere rimasta profondamente colpita dallo scorrere delle immagini del brano omonimo al titolo dell’album, riconoscendo nello scorrere processuale del tracciato visivo significati a cui sono legata abissalmente.

 

“Quando una stella nera appare sulla terra, le radici della terra scatenano un moto convulsivo…”

(Nera Luce)

 

Inno alla morte nel suo accadere, e non solo come mero esserci. Poiché raccontare l’apoteosi della morte nel suo divenire, è l’atto vitale per eccellenza: è rock. Fuoco, libertà, verità.

 

 

“È successo qualcosa il giorno in cui è morto

Lo spirito si alzò di un metro e si fece da parte

Qualcun altro prese il suo posto e pianse coraggiosamente

 

Quante volte cade un angelo?

Quante persone mentono invece di parlare a testa alta?

Calpestava il suolo sacro, gridava forte tra la folla”

(David Bowie, “Black Star“)

 

La dichiarazione finale onora la memoria di ciò che David Bowie è stato nella sua eternità: una Stella Nera. È questo il punto fondamentale che si erge, come un colosso, dentro tutta l’indicibilità del brano, e che viene ripetuto solennemente, poiché è fondamentale.

Lo ha gridato nella folla, poiché voleva manifestarsi al Mondo, poiché voleva che tutti sapessero chi è stato davvero, oltre ogni abito, oltre ogni parola, oltre ogni ruolo. La verità è che taluni mentono a se stessi, e non hanno il coraggio di urlare il loro nome tra la folla.

E quindi David Bowie ci lascia il suo testamento magico in quest’opera complessa, articolata, multisensoriale, che tocca, con inquietante raffinatezza, tutte le fasi della coscienza del limite. L’attraversamento del Bardo.

 

“Non posso spiegare il perché,

siamo nati a testa in giù
nati nel verso sbagliato
..”

                                                                                                              (David Bowie, “Black Star“)

 

Nell’attraversamento del Bardo appaiono le Dakini per guidare nel viaggio dentro la coscienza del Tutto.

È una Stella Nera che porta con sé il sentimento di essere stato inadeguato al mondo che ha abitato, nonostante il successo, nonostante il carisma, nonostante il potere. Ma non c’è un verso sbagliato, poiché David Bowie era una creatura meravigliosamente sinistra, un diamante nero, una potenza incarnata. Una Stella Nera che ha sollevato il rock di un’ottava, realizzandone la sacralità indiscussa, creando degli eterni.

 

“Nella villa di Ormen si trova una candela solitaria

Al centro di tutto, i tuoi occhi

Il giorno dell’esecuzione

solo le donne si inginocchiano e sorridono

Al centro di tutto, i tuoi occhi, i tuoi occhi”

                                                                                                                      (David Bowie, “Black Star“)

 

Il Sole Nero appare nel cielo e tutti danzano.

Gli occhi della Morte hanno un fascino primordiale: è amore, libertà, eternità. Sono Rock.

 

 

Il Rito si compie, il guado traluce, e la Visione della città eterna anticipa la dipartita.

Ma è una dipartita che è ritorno, poiché come molte Stelle Nere David Bowie realizzò la discesa degli Inferi in Terra, per poi iniziare il processo speculare di ascesa agli Inferi da dentro. Nonostante qualche dubbio irrisolto che trapela da alcune parole del testo, la sostanza resta immutata, ed il suono segue da vicino il percorrere a-sincrono dell’idea, creando attriti nei momenti centrali, e riprendendo a fluire subito dopo.

E David Bowie è talora beffardo, nel suo disporre l’ultimo saluto, e nella sua dichiarazione è contenuto il motivo: io sono una Stella Nera.