Le origini del male- Introduzione storico-filosofica a Puttane Il seme del Male di Lilith

Throught the blood in the True Life
Throught the blood in the True Life

Nobile idea che ha partorito se stessa, reinventando un conosciuto che da sempre appartiene all’Umanità, rievocandone le veci anche quando è una coltre troppo pesante quella che oramai sferza e mena sulle moltitudini oblianti. Ci sono stati molti significati attribuiti alla prostituzione, arbitrarti, e pur sempre validi se considerati all’interno della cornice che ne ha fatto da sfondo. L’idea si distingue dal concetto poiché si inarca davanti al cielo e può solamente essere agguantata. Essa sfugge necessariamente nel momento stesso in cui si tenta di abbracciarla e procede altrove, mirando ad assumere una forma. Da lassù può solo confondersi con il suo possibile divenire e scegliere se restare tale o trasformarsi in qualcosa d’altro. Quello che ne rappresenta il surrogato adiacentemente evolventesi è il concetto stesso dell’idea perduta, oltrepassata nell’atto stesso di addentrarsi dentro di essa. Permane in una sostanza aerea, a livello di archetipo socialmente estraibile, non necessariamente poi così inconscio. Non questo perlomeno:qui si tratta di qualcosa che ci ha generato permeandoci ed a cui possiamo arrivare. Il dono di sé all’amato è una necessità che brama la sua soddisfazione e che deve a tutti costi esaurirsi: non si accontenta di essere immaginato, ma chiede uno sfogo sensibile. Ancora a livello di latenza esso resiste,ma non ottiene il possesso del pieno potere che una struttura potrà restituirgli. La puttana ha bisogno di una forma per potersi chiamare tale. E nel suo livello ideale essa è la Madre che si inarca per accogliere tutto ed estrarre la vita, il seme della creazione. In quest’atto fa confluire tutto dentro di lei, sacrificando il suo senso, esaurendo tutte le sue possibilità e rimettendosi infine alla umida terra. Nel divino inesemplificabile ritroviamo l’origine di quello che più in là diverrà un sapere sempre più strutturato di carattere generico ed infine una chiara forma di libera espressione. Preda del caos struggente, la figura della donna che si dona non lega il suo simbolismo ad un principio di ordine luminoso, incarnando a tutto punto la semiotica afrodisiaca ed abissale del femmineo inafferrabile. Così languidamente sfrontata ed al tempo stesso sfuggente la carne profumata traduce la sua fonte in un atto d’amore sacro e profano, che non lascia poi più nulla al divenire, una volta consumatosi a terra. Quando lo sperma decresce e ricade tutto ricomincia. E’ un inizio che pretende di avere il suo tempo per elaborarsi, decorrendo attraverso la spirale transitoria di una presa di consapevolezza lucida, nel quale regna il massimo silenzio. L’idea era la Madre, il concetto era il dono. Per quanto colpevole di ubiquità non si poteva colpevolizzare con lo spergiuro un tale livello di pura bellezza, la cui insostanzialità impediva di coglierne il vero significato, destinato a permanere altrove per partorire ancora infiniti mondi da se stesso. Così grande e magnifica era questa matrice oscura da essere irraggiungibile. Resta la sola parola e tutte le illazioni più o meno significative che in seguito sono state fatte per ricondurre la questione al primo mobile da cui iniziò ad articolarsi. Fu con tale in ostacolata spontaneità che già tremila anni prima di cristo si ritenne che questo facesse parte integrante con il senso della vita terrena e da allora nessuna opposizione potè arrestare il traguardo di un idea sconfinata oltre il velo di maya, presso la dualità oppositoria. Di fronte alla richiesta passivamente attiva del maschio di ogni epoca, vi fu una complementare reazione del femmineo attivamente passivo, la cui regolazione omeostatica lasciava poco al pensiero e molto ai fatti. Infine, dal concetto si passò all’organizzazione fattuale ed infine alla presa di forma vera e propria, il cui apice era un farsi vita fuori dalla vita. Con l’emissione del seme tutta la pragmatica riconfluiva amabilmente in un estasi la cui descrizione bandiva il logos e rimetteva all’idea stessa da cui l’ibrido aveva emanato: così si chiude il sistema e si riapre nuovamente. Inappagabile voglia che spinge e piega mai esausta, che non allude e richiama verso la carne, la cui immaginazione non è sufficiente, da cui la ricerca costante di una presa diretta materiale. Un istinto la cui purezza ne deduce la potenza, folle e cieco ardore che sorge e permane finché non ha partorito fuori di se. La donna si fa così anfora ove questa forza si possa riversare, e catalizza la reazione emettendo una vibrazione che sospinge verso l’abisso originario, inumidendo gli ambienti, rieleggendo il suo principio vitale acqueo, richiamando il maschio al suo compito ed alla sua volontà. Memoria che torna ed erige, solleva verso lo spasmo ascendente, ridonda presso le pareti del basso ventre. Il concetto era quello di dono:una disponibilità interna che appartenne da sempre al femmineo nella sua particolare qualità energetica. E’ sempre stato chiaro, ancor prima che la corteccia celebrale sovrabbondasse di impieghi ed articolasse la sua forma verbale in formule complesse da cui si ritrasse stanca e comunque inappagata. Il conforto venne ricercato inizialmente dentro e non fuori, quando l’ineluttabilità della morte fece la sua prima comparsa presso i popoli e fu chiaro che in qualche modo bisognava dare un senso a tutto quanto di inspiegabile mostrava la sua esistenza nel mondo. Questa ricerca di significati si sviluppò su piani integrati, inizialmente pigra. Sono così rimasti pochi documenti di quel che avveniva millenni or sono o di come la pensassero a quei tempi. Una cosa è chiara : il sesso ha sempre avuto posizione prioritaria. All’inizio erano tre i caposaldi della vita, quelli che magnificavano la ciclicità del giorno : religione, estasi e caccia. Tre livelli di permanenza dell’attenzione che possono essere fatti corrispondere a spirito, anima e corpo. Tutti e tre chiedevano di avere spazio e di averne abbondantemente. Era una richiesta sconosciuta questa che sopraggiunse quando ci si accorse che tutti erano accomunati da queste necessità basali e si progettò il modo per rendere eccellente la fruibilità di questi bisogni. In realtà allora non faceva alcuna differenza poiché idea, concetto e forma erano la stessa cosa, costituivano un amalgama la cui satura solidità ne rendeva impossibile la separazione. Fu con l’aumentare del livello di complessità, selezione naturale dopo selezione, che l’elaborazione dei dati sensibili da cui procedeva la percezione prese il posto al vissuto immediato e spontaneo ed iniziarono a sorgere i primi talenti. Ci fu chi procedeva e chi si arrestava, chi si poneva delle questioni e chi non lo faceva. Il metro interpretativo divenne la logica del più forte, quello strumento che permetteva di canalizzare una risorsa in un modo piuttosto che in un altro. La ricerca di risposte ebbe la meglio su tutto e si iniziò verso una processione qualitativa decadentista, che tuttavia vide il proliferare quantitativo dell’umanità. Grandissime risorse fisiche furono spese per aumentare il numero degli individui che abitavano la terra e tutto questo fu fatto scopando. Se la morte non poteva essere arrestata individualmente, attraverso la perpetuazione della specie si poteva trattenere la vita espandendosi,legandola alla propria volontà, generando fuori da se, dando forma all’idea dell’immortalità. In questo accavallarsi di corpi e versamento di sperma fu tutta la potenza che l’uomo espresse chiaramente e senza chiedersi fino in fondo da cosa era sospinto in questa direzione così irreparabilmente. Era la Madre, la prima figura che comparve presso i popoli primitivi e la sua enorme generosità, il suo effluvio vivente e suoi i fiumi e sua la terra. Da lei, genuflessi, ci si attendeva il dono della salute, del piacere; a lei si chiedeva e si rimetteva ;per lei erano offerti in sacrificio altre vite e veniva versato il sangue: per lei tutto aveva senso. Simbolo di salvezza in epoche dove molto rimaneva sconosciuto e le risorse intellettuali del singolo avevano ancora da perfezionarsi. Nonostante questo, nell’oggi moderno, abbondiamo di libri da cui poter trarre praticamente ogni risposta, eppure preferiamo restare nell’ignoranza. Da qualunque direzione arrivano scribi e scribani che rispondono a qualche domanda, ma coloro che leggono stanno rapidamente diminuendo. Manca sicuramente il tempo per farlo ed altrettanto la volontà di conoscere. Il passato è sfiorito nella maldicente dimenticanza ove i metri di visione non fondano più il peso del conosciuto, e non c’è neanche il più piccolo sforzo per considerare quella che è stata l’evoluzione di un evento sociale. Questo, la prostituzione, è stato di certo da sempre un fatto pubblico, atto al pubblico, necessario alla risoluzione dei molti. Anche se è nella singola figura della prostituta che tutta ha inizio e termina, è in lei che quel senso trova la sua canalizzazione, perpetuandosi fuori da sé, trainato dall’oscura forza catartica del femmineo puro. Lo sfondo che dai posteri si è trasmesso per via genetica, ha comunque lasciato una traccia in quel piccolo segmento di gene che si mantiene costante, nel famoso insoluto a cui ancora non si è risposto. In questo la filogenesi dell’umanità riassume le tappe ontogenetiche del singolo, in quella speciale evoluzione celebrale che dal semplice deve procedere verso il complesso in una spinta espansiva a termine indeterminabile. Ci si domanda quanto questa complessità sia servita affettivamente e se perpetuare a tutti i costi la vita, ricercando ogni sistema possibile per migliorare la quantità e l’efficienza degli strumenti per la salute fisica, abbia poi invece compromesso la reale qualità del vissuto sociale. Quindi l’idea era la Madre, il concetto il dono e la forma la puttana. Santa od esecrabile che sia, gli elogi alla figura che più di ogni altra incarna l’ideale femmineo di cinquemila anni fa, sono rimasti trascritti ed innalzati in numerosi odi, preghiere ed inni. E’ soltanto oggi che questo non avviene più come un tempo, poiché si è completamente persa quell’integrità virile da cui scaturisce la giusta visione ed il giusto metro di lettura. Mai come in questa epoca, come dicevo prima, abbondano i libri ed i libri non si leggono. E’ divenuto quasi un disturbo parlare di conoscenza. Essa è qualcosa di inavvicinabile, che rimanda a chi ne ha il tempo, una parola sacrilega. A cosa serve conoscere in un epoca dove fare è primario?. E cos’è quest’azione efficace la cui efficacia deride se stessa?. Ed infine il proliferare di maschi ordinari la cui attiva passività ricerca soluzioni liberatorie a pagamento cosa sottintende ?. L’aumento della capacità elaborativa, lo sviluppo progressivo della neo -corteccia, l’abbondare di neologismi e transvalutazioni razionali ha lasciato la bellezza ad un tempo in cui tutto questo non era. Eppure è effettivamente possibile far coesistere i tre tipo di intelligenza primaria, senza che l’uno rattrappisca l’altro. Questa cornice anfrattuosa ha comunque lasciato intatto il patrimonio essenziale dell’uomo, anche se quel significato, oggigiorno, tende a permanere per lo più sulla superficie logoica del cospetto sociale. Nel confluire di tutto in un unico punto, all’improvviso ed insieme, alla libertà di respirare si è accostata un’altra libertà pretesa : andare a prostitute. Favorevolmente accolta la promessa di quella particolare disponibilità memore di un antichità il cui eco raggrinzisce eppure raggiunge l’ora, ecco che questa figura si fa strada fino a materializzarsi e diventare al contempo l’idea e la sua fattualizzazione. Essa non ha dovuto resistere, poiché la fonte da cui era scaturita propagava in modalità talmente ampie che alcuna altra forza avrebbe potuto arrestare la sua transustazione discendente. Era semmai essa, la Madre, il simbolo di qualcosa da cui tutto è sorto, che doveva essere arrestata con ogni mezzo e da cui bisognava difendersi, poiché nel suo dilagare raggiunse ogni vicolo e determinò inni e deplorevoli vili insulti; poiché essa nel suo evidente potere era come una marea in piena costante che assorbiva ed inghiottiva tutto dentro di se, trascinando l’uomo, rendendolo vizioso ed infine annientandolo. In queste acque è la rappresentazione elementare del concetto preceduto dall’idea ed è di un idea oscura che si parla, capace di essere ovunque, di contenere anche la luce. In questa sua traversata ha catturato poi il femminile traendolo a se e facendosi riconoscere, spingendo verso la terra e conducendosi ad essa con potenza ridotta ma egualmente infermabile. Nutrita stabilmente, dalla facoltà autorigenerante e catalitica, questa forza appartiene alle sue tre sfere ed il tentativo di confinarla entro una sola , pur non espropriandola mai completamente, non può condurre se non ad un suo svilimento parziale. Essa splende in ogni sua manifestazione, e nel suo creare dichiara che la sua esistenza non potrà mai essere discussa. Il logos allora lascia libera espressione alla pura carne, non avendo alcuna probabilità di ribattere sensatamente. Per quanto si provi a disciplinare l’eros, di porvi un controllo ed un freno, esso sfugge incondizionatamente, ripassa dall’origine e rientra da qualche altra parte, in qualche altro modo. Noti sono i casi di monache al cui tentativo prolungato di castità asservente facevano seguito attacchi epilettici, convulsioni e deliri mistico-erotici. E se presso una società che non ha più tempo, permangono tabù, falsi moralismi, forme di ipocrisia condivise, ecco che ben miseri auspici vi sono a riguardo dei sistemi per la liberazione del sé. Annientati i dettami dello spirito, cancellato il divino dal sociale, abnegato il principio del sacro e contrappostolo al profano, anche la nuda carne diventa qualcosa che bisogna violare per potersi ritenere soddisfatti. L’evoluzione della specie ha investito anche una crescente complessità del sesso, ed un proliferare conseguente di nuove tecniche e filosofie di vario orientamento. Ne parlano in molti, ma pochi hanno voglia di sapere. L’importante è trovare una soluzione a ciò che inevitabilmente trascina il Maschio, la legge che denuda e comanda anche il cervello. Così sconosciuto e potente, inasservibile principio che troneggia, deve scomparire all’interno dei grandi misteri ermetici e ritenersi inutile qualunque spiegazione. Tentare di comprendere quel che avviene dietro le quinte richiede uno sforzo che toglie il tempo a quel fare, divenuto oggi di prominenza individuale e collettiva. Questo pensiero pernicioso che scala se stesso, non può confondersi con la grande marea da cui si ritrae ansimante, e vige il dovere del silenzio a cui fa seguito il piacere. In quel minuto di estasi ha garantito la sua anima, ed è morto suggendo dalla fonte primogenia. E’ la Madre, è la Dea ed è la puttana. Nella soluzione finale che dal concettuale trapassa i confini della materia per farsi fatta di sangue, ossa e verbo, è la risposta ultima che compensa ogni difetto del quotidiano. Quell’estasi riparatrice lascia riconfluire i bisbetici pensieri, uccide le ansie, riduce lo stress, bagna e riempie, svuota e dona. Ho tentato in queste pagine di spiegare quello che è il mio pensiero, poiché di mio pensiero si tratta, allo scopo di tratteggiare alcune differenze e gettare le basi agli argomenti che ho scelto di trattare in questa parte introduttiva, nuclei argomentazionali che fungeranno da base sostenitiva e filo conduttore per la successiva lettura del corpo principale dell’opera. Utilizzerò citazioni di alcuni autori, elaborandone le tesi a titolo personale, per meglio definire la prospettiva a riguardo, ossia quella particolare visuale di una che questo lavoro lo ha fatto e ne può di diritto parlare. Cosa che non potrei dire di chi ha tentato in modo erudito di tracciare un quadro della faccenda, limitandosi a citare la storia od il tal antropologo. Essendo la prostituzione un ambito noumenico e fenomenico che abbraccia voluttuoso spazi e tempi memorabili, è giusto che a raccontare di questo sia chi ha davvero conosciuto cos’è. Conoscere, questa parola sconosciuta, è sapere come atto della coscienza che ripete i dati e li sviluppa e li argomenta, in una sua prima fase superficiale, ma è anche e soprattutto la sensazione che piega e crea volte sinuose in ogni direzione senza descriversi mai completamente, rapida come una corrente che sbalza verso l’alto a fa ricadere a terra violentemente. Quello che ho conosciuto, era qualcosa d’altro da ciò che sapevo, e nella scelta indolente di dedicarmi attivamente al dono, consapevole di ogni conseguenza, mi sono inarcata per morire e rinascere ogni volta ad ogni tramonto. Poiché nella scelta di dare fino al punto in cui possiamo e siamo disposti a dare è il sacrificio consapevole di una parte di sé, che rimane latente eppure s’innalza, fino ad ascendere a quell’idea di cui parlavo. Ed e’ per questa via che la prostituzione concede l’oscura ricchezza da cui ogni volta si deve essere soccorsi, come un acqua corrosiva che se non ti uccide ti vivifica. In questa ottica andarono ad insediarsi le prime diatribe socialmente commestibili, quando alla sacralità dell’atto sessuale concepito come unione con il divino ed atto teoleptico, fu sostituita la visione colpevolizzante dalla quale la bassa prostituzione tessé le sue vestigia malconce. Molto prima che il cristianesimo fosse nato, sopravvivevano stili di vita in cui, come detto prima, la questione non era la causa che spingeva in una determinata direzione, quanto piuttosto ciò che questo agire, attraverso le sue modalità, poteva realmente creare e tramandare. Nel concretizzarsi di una data scelta era l’atto sincronico dalla cui impermanenza prendeva forza la viva presenza del principio cosmico che era sottinteso e sovrinteso entro il contesto stesso da cui la volontà veniva partorita,prima come pensiero e poi come azione. Anche se non si può ridurre l’intera faccenda alla necessità dei popoli primitivi di una sicurezza che non poteva prescindere dall’aiuto di eventuale figli nati, di sicuro questa variabile fortemente coesa con il senso della sopravvivenza, fu inizialmente la spinta. Ed allorché si comprese che le due cose erano strettamente legate, ossia sesso e nascita dal feto, questo miracolo i cui meccanismi rimasero per lungo tempo sconosciuti, divenne una fra le attività principali dei primi uomini. Dipendeva esclusivamente dal fallo e dal potere che esso incarnava immanentemente. Questo spuntare della testa di un bambino dall’ antro oscuro della femmina aveva in se qualcosa di fantastico che doveva ritenersi voluto dai piani superiori e che quindi era patrimonio degli dei. Il tipo di rispetto sacramentale verso l’atto sessuale, si incorniciava dentro questo contesto. In questo quadro non riducibile al solo piano superstizioso, iniziarono a svilupparsi i primi riti legati al culto della fertilità di campi, simbolo di un’altra forma di fecondità, egualmente indispensabile alla vita della comunità. Ma chi era responsabile di questo esattamente?. In linea con una specifica qualità dell’essere umano, ossia quella di spiegare ciò che non conosce con la misura di ciò che la sua ragione può afferrare, tentando in ogni modo di darsi una risposta che potesse apparire sensata, il simbolo a cui fu affidata la responsabilità di questa ricchezza offerta senza pudore fu la Grande Madre. Era nell’archetipo femminile che si faceva confluire quel potere di dare, non per ultimo poiché l’ ‘esperienza sensibile dava proprio alla femmina umana questa facoltà e non al Maschio. In lui era la capacità di instillare qualcosa che catalizzasse una reazione la cui scintilla era comunque voluta da qualcosa di sovrasensibile che aveva potere su tutto, avendo tutto generato. Ancora una volta l’inafferrabilità di una spiegazione che traduceva da cause invisibili le quali eppure nell’evidenza materiale svolgevano le proprie trame oscure, lasciava l’uomo a soggiacere di fronte ad una grandezza senza forma da cui eppure ogni forma pareva trarre i suoi confini. Privi di quell’elaborazione razionale la cui raffinatezza avrebbe poi in seguito offerto spunti per una deducibilità razionale di cause ed effetti di natura biologica, ecco che i primi uomini affidano la propria esistenza ad un principio unico che viene avvertito come onnipervasivo od onnipotente. Ancora oggi, presso alcune popolazioni rurali che hanno conservato rigidamente le proprie tradizioni, mantenendo il contatto con quelle origini la cui perdita sembra far crollare il loro senso di appartenenza, si ritrovano le stesse propensioni superstiziose gelosamente salvaguardate e temute. Ed alcuni popoli nelle foreste, organizzati in tribù, mantenendosi completamente devoti a quel patrimonio antico tramandato oralmente generazione dopo generazione, sono serviti per molti antropologi per ricostruire il contesto dentro il quale attecchì una visione del reale puramente magica- animistica. In questa prima fase del culto religioso, quindi, l’ipotesi di una nascita per partogenesi fu la base ove si insediò il successivo sviluppo della conoscenza relativa ai meccanismi fisiologici, ma anche quando si comprese che era per mezzo del lingam che il parto poteva aver luogo, si mantenne comunque molto stretto il legame con una credenza che assicurava, per mezzo di riti ed offerte, la conservazione della comunità nella fattispecie. In fondo, rendersi conto che non era per infusione teoleptica che dal ventre infuocato della donna scaturiva la vita, era come accettare il tradimento di quel divino su cui tutto era fondato e da cui tutto si faceva dipendere. Furono soltanto i primi strappi, non ancora sufficienti a tagliare fuori dalla vita quotidiana dei primi popoli precristiani quel sottofondo ritualistico che ai giorni d’oggi appare come qualcosa di ridicolo. Eppure le cose non sono così semplici. Anche se considerare l’evoluzione dell’Umanità può meglio far riconsiderare ciò che è andato perduto e se quel che è rimasto, sia stato per molti versi migliore, i meccanismi funzionali che hanno prodotto questo sono rimasti inalterati nonostante il passare dei millenni. Non si è fatto altro, essenzialmente, che cercare il modo per sopravvivere il più a lungo possibile, e questa ricerca è sempre stata alla base di tutti i meccanismi che le società in ogni epoca hanno attuato per prolungare la propria esistenza. Questo significava rispettare il totem, simbolo fallico per eccellenza, che ascende verso il cielo rimettendolo in contatto diretto con la terra, in qualità della sua funzione di ponte visibile e sensibile con qualcosa di intangibile ed onnipresente. Ed ancora significava orientarsi verso stili di vita che selezionassero i comportamenti che ricevevano un feedback positivo in termini di salute ed escludere tutto ciò che ledeva la sopravvivenza della specie. I primi popoli furono molto vicini agli animali e nella loro prima fase non si consideravano diversi da loro. Osservavano incuriositi la fenomenologia comportamentale di queste creature venute fuori con una forma diversa della loro, e spesso ne imitavano i gesti. Tuttavia c’era qualcosa che non potevano in alcun modo condividere con la razza animale ed era l’insensibilità che tale specie nutriva verso l’espiazione della morte fisica. La ferocia e la spietatezza con cui la catena alimentare gestiva le sue scelte con il solo uso del cervello rettiliano e l’incapacità di evolversi in modalità costruttive, faceva di queste forme di vita qualcosa che nel tempo determinò una frattura. Ed un’altra cosa mancava al mondo animale : la percezione del divino e l’organizzazione propiziatoria rivolta verso di esso. Anche se le prime forme di sessualità umana ricordavano ed imitavano quella degli animali, c’era qualcosa d’altro nell’uomo: una capacità sensibile di cogliere oltre quello che il solo occhio può agguantare ed un’altra capacità di emozionarsi, di provare sentimenti, di volere sopravvivere ad ogni costo. Nella brutalità palese con cui gli animai uccidevano e si uccidevano era una fenomenologia che si distaccava dalla Madre, percepita come benevola, dispensatrice di sementi e buone lodi. L’animale non voleva sapere, e non era interessato a conoscere, ne tanto meno voleva a tutti i costi proliferare ed esistere oltre la sua morte. Nel suo tacito acconsenso al suo stile di vita era qualcosa che via via andava creando una differenziazione, anche se in un primo tempo vi fu un immedesimazione completa, tant’è che l’uomo primitivo amava accoppiarsi con la sua femmina vestito da animale e facendo versi da animale. Eppure il sesso ha sempre mantenuto questa sua dimensione animalesca o visto da un’altra prospettiva, nel mondo animale si è assistito all’esasperazione di una delle forme proprie della natura dell’essere umano. Che si voglia far derivare uno dall’altro, per semplice causa cronologica o si voglia considerare che siano esistiti insieme, ma senza addurre cause derivazionali, non si è mai potuto negare che quell’istinto inspiegabile alla morte ed alla vita, aveva in se qualcosa di selvaggio e spietato. E nella femmina libera, svincolata da ogni regola, in colei che rifiuta di negarsi, è il ricordo di quest’esistenza dalla cui osservazione l’umanità ben presto si distaccò indisposta e disgustata, volendo erigersi a immagine di Dio. Ma se questa conoscenza venne dopo, essa era già in germe dentro il primo uomo e fu da quel germe che le famose tavole ebbero l’ardore d’esser partorite. In una progressione lenta si assistette anche al successivo sfaldamento di quel legame con il divino, che inizialmente caratterizzò la differenza principale fra uomo e animale : attraverso le concessioni del sacro l’uomo sarebbe sopravvissuto a fronte dell’esaurimento della bestia. Fu la ricerca di significati e poi di conoscenza a spingere ovunque l’uomo di ogni epoca, a permettergli l’esplorazione inesausta al fine di spiegarsi. Il senso della vita non doveva sfuggire, e non poteva rimanere qualcosa che sussisteva soltanto nell’informe. C’era qualcosa di oltraggioso in questa negazione dell’ultima parola, in questo tacere degli Dei. E fu così che comparve Ishtar, una delle forme umanamente concepibili della Grande Madre generosa e benevola, colei la cui adorazione rende più vicini al Tutto. Questa fede assoluta nell’idea di un invisibile da cui il visibile si genera per moto spontaneo dell’essere, così come avviene per il parto, provocò il pullulare di usanze atte a rallegrare la Dea ed a far si che essa continuasse ad essere benevola. Ogni fenomeno meteorologico sfavorevole era causa della sua ira e bisognava fare qualcosa affinché essa tornasse nuovamente a gioire. Anche se tutto questo può far sorridere e si voglia giustificare con la semplice argomentazione che a quei tempi l’Umanità non era evoluta, ed anche se questo può essere un buon modo per trarre un respiro di sollievo e ritenersi fortunati di ciò che siamo adesso, non è per questo che sto’ dicendo tutto questo. Vanno messe in rilievo le condizioni ove maturò tutto ciò che fu, poiché guardare alle cose con un solo filtro unilaterale, in particolare quello che ci fa più comodo sul momento è un atto di ignoranza. Allo stesso modo sarebbe una soluzione accomodante ritenere che quello che sorse, nella prima manifestazione sacra di ciò che attualmente si può ritenere la degenerazione del significato più ampio della prostituzione, fu solamente perché adesso noi siamo più vicini alla conoscenza di allora. Di certo alla conoscenza tecnica, biochimica, genetica, astrologica, ma in quanto a sovrasensibile sempre più lontani. Poiché quella facoltà che nei primi uomini manteneva la sua plastica disponibilità aerea si è dileguata in proporzione diretta alla messa in discussione che ciò che non si vede possa esistere ed argomentando condizionatamente su quello che la ragione evoluta ha poi ritenuto più sensato,impedendo ad una parte dell’uomo di porsi in quella condizione interna particolare necessaria al sentire. Sul territorio sumero,intorno al 2000 a.c.,venne costruita Babilonia, più tardi ripresa come simbolo del male al femminile, grandiosa e rigogliosa comunità nel cui suolo il caos regnava lascivo. Numerose furono coloro che chiamate “Prostitute sacre” frequentavano i Templi dell’amore, costruzioni dedicate a Ishtar, aventi il compito di propiziare la dea con il dono di quella che veniva attribuita la caratteristica focale di questa divinità: l’amore. L’amore era in questo senso qualcosa che spaziava in molte direzioni, molto simile al concetto di Agapè greco,e che non poteva prescindere dall’aver quella qualità di abbondanza propria di un sentimento che voleva accogliere dentro di se indistintamente. Con grande sfarzo e sacrificio si erigevano templi ed ancora templi in onore di colei che aveva generato la vita e proteggeva i figli e la terra. Parlare di diritto individuale e richiamare all’ordine esigendo solo per sé medesimi, negando quella disponibilità che dal cielo era invece così disinteressatamente stata offerta, era un abiezione su cui non c’era bisogno di riflettere, tant’era coesa ed integra la visione che si aveva di quest’ambito a quei tempi. Non v’era dubbio che per tutto ciò che era stato posto in essere, si dovessero sacrificare i corpi, piccola e misera manifestazione di qualcosa la cui potenza superava la comprensione della specie umana. In questa spinta completa ed incessante veniva esaurita la propria vita stessa, e c’era chi più di altri aveva fatto di questo soltanto il senso speciale della propria esistenza terrena. Di fatti, accanto al sesso era iniziato a comparire anche il lavoro organizzato, e le figure sociali iniziarono a specializzarsi, in quel primo sfaldamento della prospettiva esistenzialista olistica che risentì non poco della comparsa del dovere lavorativo. In ogni caso, il significato di questi templi, luoghi sacri per eccellenza, era di rendere omaggio alla Grande Madre, attraverso il dono completo di sé, del quale il corpo si faceva tramite. Altro tempio imbandito ove lo spirito abitava e punto di contatto microcosmico con il sovrasensibile macrocosmico : nella carne deindividualizzata era quel miracolo la cui vita andava omaggiata con il veicolo stesso attraverso cui la vita era passata e sarebbe trascorsa. Ed era proprio dal luogo della nascita fisica che si ridava sotto forma di piacere quello stesso piacere che si era assunto vivendo. Prima di appartarsi con la rappresentante della dea era richiesto di versare un denaro d’argento nella cassa del tempio, come offerta per ciò che si sarebbe ricevuto. Il significato dell’atto non è quindi soltanto quello di soddisfare il viandante giunto fino a Babilonia, ma quello di farsi tramite della divinità e permettere al principio divino di transustare nel corpo dell’uomo attraverso la realizzazione dell’atto sacramentale in cui corpo femminile agisce come un talismano in grado di ritrasmettere l’energia del soffio vivente. Tutto aveva sempre comunque termine al versamento dello sperma, emissione che patrocinava la compiutezza dell’atto, simbolo del tentativo riuscito di ricondurre quel piacere estatico in grado di generare fuori da se. In questo processo era interessato corpo e spirito della sacra puttana, in un amplesso ove il sacrificio della propria carne partecipava di una Grande Opera il cui onore spettava a coloro che fossero riuscite, meglio di altre, a partecipare di quella natura ubiqua il cui sentimento di Agapè inondava e trascinava. Per questo non tutte le donne erano adatte al compito che gli veniva richiesto, o che esse stesse ambivano a svolgere. Incarnare la dea, realizzare nella forma quel concetto nato dall’idea, avrebbe assicurato non solo l’eternità della propria sopravvivenza sottile, ma anche quella dell’intera comunità. Bisogna ricordare che la prospettiva magico –animistica diffusa allora riuniva i piani dell’ essere dentro un unico insieme di cui tutti facevano parte inscindibilmente legati. La comunità era composta da vari elementi distinti nell’apparenza del reale tangibile, che tuttavia interagivano fra loro come anelli di una catena, dentro l’alcova ove la Grande Madre tutto vedeva e sapeva. E poiché tutto era nato da essa, realizzare l’altissima della divinità avvicinava al divino, innalzava ed era motivo di gioia. Erodoto scrive” Ogni donna che è nativa
del’Impero di Babilonia ha il dovere almeno una volta nella sua vita, di sedere per più giorni e notti nel Tempio e
lì dare se stessa agli stranieri. La donna non ha nessun privilegio di scelta :deve andare con ogni uomo che getta un denaro nella cassa dei collettori del tempio “. Non c’è alcun privilegio di scelta quindi e questo è un aspetto da non sottovalutare, un elemento intrinseco della figura sacerdotale che si prostituisce. L’eco di questa parola,<prostituzione>, riesuma automaticamente significati emotivi di carattere dispregiativo in praticamente tutti coloro che la ascoltano o leggono, che siano filosofi, eruditi o uomini colti. Questo perché la sfera delle emozioni non è manipolabile così facilmente e l’imprinting che alcune terminologie hanno ricevuto fin dalla prima infanzia si sono legate inestricabilmente con il vissuto emotivo che nell’adulto continuerà a professare le tracce di quel primo stampo. Probabilmente in un bambino questa sarebbe una parola come tutte le altre e se prendessimo un selvaggio vissuto della foresta e gli raccontassimo che l’atto di donarsi ad un uomo previo pagamento è qualcosa da disprezzare si chiederebbe ingenuamente il perché di questo. Era chiaro che a quel tempo questo sottostrato culturale non aveva ancora attecchito poiché non era ancora sorto, e d’altronde non avrebbe avuto alcun senso la sua esistenza, ma sarebbero venuti i tempi in cui l’ideale prevalente di tipo patriarcale avrebbe estromesso volontariamente quella propensione propria del femminile ad inarcarsi per accettare e far riversare in lei, senza bisogno di divieti e sanzioni. Ed è per l’appunto il divieto da cui scaturisce la trasgressione che esamina la questione e la giudica immorale,bandendone le polluzioni spontanee, germinando il seme del male dentro una prospettiva tutto sommatto molto lucida e pura. La laidezza a cui si è costretta la visione attuale dello scambio di sostanze corporee non ha riguardo per l’intelligenza che volontariamente, in questo caso, sceglie di rimettere i propri peccati e dimenticare, piuttosto che trasformarsi in quello che le sue potenzialità gli avrebbero reso possibile. Così l’omissione decentra e riduce ogni probabilità di vedere con chiarezza come stanno le cose, rifiutandosi di considerare ciò che veramente di laido esiste, ma tale non viene rivenuto. E se allora anche il sangue stesso riceveva gli onori sacramentali che gli spetterebbero, nei sacrifici quotidiani e pubblici che erano offerti senza pudore dai fedeli alla causa, con l’abolizione del sacro anche questo venne a far parte di ciò che è vietato. I primi divieti riguardarono per l’appunto proprio quelle esposizioni spontanee ed irrefrenabili, che catalizzavano le reazioni animalesche dell’uomo nel senso proprio, non potendo ottenere freni da parte della ragione. Furono individuati e tracciati dei confini netti a partire dai quali alcune cose erano giudicate come buone e quindi concedibili , altre come cattive e quindi da evitare o estirpare. La prostituzione fu una delle prime realtà ove questa castrazione intervenne in modo sempre più massiccio, resosi evidente che non era possibile impedire alle genti di accoppiarsi in ogni luogo e di desiderare i corpi di femmine nella cui bellezza riecheggiava la lontana memoria di qualcosa di perduto ed inalienabile. Di certo allora non poteva essere questa la preoccupazione principale, in un contesto dove lavarsi non rientrava fra le operazioni di routine quotidiana il cui standard avrebbe fatto da criterio per desiderare un uomo più di un altro. In verità non esisteva ancora tutta questa criteriologia comparsa successivamente, quando l’amore si strutturò in successivi suoi derivati, primo fra tutti quello di assicurare ricchezza, casa e buon giudizio del pubblico. E’ probabile che a quel tempo il caos predominante ritenesse tutto il buon senso oggi ritenuto tale, particolarmente inutile, e che la morale comune non fosse altro che un tentativo di godere il più possibile della breve durata della vita. E questo perché allora la durata media di un individuo non oltrepassava i trent’ anni per un infinità di motivi, inclusi igiene ed assenza di adeguate conoscenze e strumenti per la salvaguardia della salute. La morte era avvertita come qualcosa di profondamente reale, costituente in modo fattivo l’ordine del quotidiano conosciuto, che poteva incombere in qualunque momento e per qualunque motivo. Alcun regolamento ne limitava il potere di ergersi a giudice della vita, ed alcuna prescrizione altamente diffusa ne anticipava gli effetti, ne tanto meno i partecipanti della comunità ne tenevano in conto a tal punto da preoccuparsene in modo particolare. Se è concesso, si potrebbe dire che le società dei primordi nella loro spietatezza disinteressata raccolsero tutto quello che potevano senza curarsi molto del confine che la carne transigeva. Ed è sempre in quest’ottica che va inserita quella deindividualizzazione, in cui vari fattori concorrevano a creare l’idea del corpo come di qualcosa che fa da ponte temporaneo fra un esistenza sovrasensibile ed una materiale, ma che non è importante in se stesso e che non ha senso proteggere a scapito della comunità. Nella pienezza del significato che veniva attribuito all’insieme era tutta quella ricchezza del comunitario, quella condivisione pulita di intenti e visioni, quell’abbondanza proliferatrice di specie vegetali ed animali, ed il creato era un “Misterium Stupendum”. A tale titolo non poteva aver senso una pervicace monogamia che assicurasse la coppia, anche perché date le premesse, sarebbe stato insensato limitare la portata delle proprie gesta dentro un arco di tempo così limitato per suggere dalla vita. Ciò non impediva alle donne ed agli uomini di amarsi e di sposarsi, ma così come il divieto del sesso non aveva ancora trovato retroterra per germogliare, allo stesso modo un unione fra due individui era da ritenersi tale in virtù del significato che coloro che decidevano di sposarsi volevano dargli, al di là della corporeità e di ogni vincolo a carattere restrittivo. Ed in oltre, data la necessita di moltiplicarsi, una monogamia repressiva non avrebbe neanche assicurato quella continuità necessaria al rifluire della vita che in qualche modo gli dei avevano manifestato di volere, concedendo il dono della procreazione. Così anche le femmine maritate ricevevano l’iniziazione necessaria a svolgere quello che era ritenuto il dovere di ogni donna, nella sua qualità di dea, ed apprendevano le arti amatorie per meglio soddisfare un uomo dalle novizie più esperte, e lo stesso marito partecipava interiormente di tutto questo processo rituale, vivendo con un senso di pienezza estatica la promessa di eternità che così facendo la moglie stava formulando. I fini non erano legati ad un intento soggettivo e finito, ma procedevano oltre l’io per riversarsi nella comunità e contribuire alla gioia degli dei. Non era raro che ci si uccidesse per aver causato l’ira della divinità ed aver così causato danni sociali. Una responsabilità, questa, che si sarebbe pagata con altre disgrazie, se non si fosse espiata al più presto. Per opposto, questa stessa modalità di dono disinteressato, s’inseriva anche in quest’orine di idee, senza che fosse necessario attuare un imposizione esterna che ribadisse la norma. Per le sacerdotesse del tempio, nella loro piena consapevole coscienza, non esisteva altra possibilità che quella di aprire le proprie gambe ed il proprio spirito a tutti, qualunque fosse il loro odore od aspetto. Sarebbe stata un irriverenza punibile con la morte anche solo lamentarsi od avere una preferenza. In ogni caso, qualora ciò fosse avvenuto, sarebbe stato ritenuto un grave torto da cui poteva dipendere la vita stessa di tutti gli altri, se non causa praticamente immediata di calamità naturali che avrebbero compromesso il raccolto provocando la fame. E la fame a quel tempo esisteva, così come la morte. Considerare che erano anche le condizioni stesse a fare da fertile base per l’insorgere di una tale prospettiva, non è ancora sufficiente. E’ stato anche questo, ma più di ogni altra cosa è scaturita da una propensione naturale alla devozione che sopravviveva pura e libera da condizionamenti,nei primi uomini. Era come se il filo che li legasse avesse uno stesso stracciato ed una vibrazione unisona, che assicurava e garantiva la sicurezza della conservazione e si stabilivano regole vaghe ma essenziali dalle quali alcuno avrebbe potuto esimersi. A quel tempo, uno solo che negasse l’esistenza della dea, sarebbe stato bandito immediatamente dal gruppo e lasciato a morire senza farsene biasimo. Quindi, decidere la propria sorte, per una prostituta sacra di Babilonia ed esibire una volontà staccata quella comune e divina, significava infrangere il confine oscuro ove il caos regnava sovrano, abnegando a favore del profano. Con il termine “profanare “ ancora oggi, si intende quel particolare atteggiamento che disprezza l’oggetto di culto più diffuso socialmente condiviso, nel nostro caso più evidente coloro che lacerano la memoria dei morti riaprendo le tombe. Dentro un sistema dove tutto era sacro e nulla esisteva al di fuori della sfera della sacralità, praticamente tutto ciò che con coincideva con il margine estremo del sovrasensibile andava a compromettere il reale tangibile ed era ritenuto sacrilego. Ma anche se può apparire strano oggi, era con gioia che questo dono del proprio corpo veniva accolto da tutti, primariamente da colei che aveva l’onore di essere investita del trono regale normalmente inaccessibile all’umano. Poiché quell’idea inafferrabile non poteva restare tale e la sofferenza che si generava dalla divisione dei piani, doveva essere risolta con qualcosa che temprasse il dolore della caduta, e riportasse quella bellezza a terra. Tale era la bellezza impressa nei templi dedicati alla dea Ishtar e tale era l’atteggiamento con cui le prostitute sacre entravano dentro di esso. Si dividevano in tre classi principali tali figure:
HARIMTU (associata a harem):ossia coloro che insegnavano ai mariti, alle mogli o alle eventuali concubine di uno dei due quelle che erano le arti seduttorie che una sacerdotessa deve conoscere.
QUADISHTU :giovani fanciulle che venivano affidate dai genitori al tempio in qualità di apprendiste per divenire poi in seguito sacerdotesse.
ISHARITU : donne educate fin da giovani a servire la volontà divina, che erano sacre agli dei e riservate alla nobiltà. Sulla base del loro rango dimoravano presso diversi ambienti, dalle stanze lussuose del tempio ove ricevevano i viandanti, oppure presso le taverne designate al culto di Ishtar. In questo ultimo caso le giovani non ancora divenute alte sacerdotesse passeggiavano poco distanti dal tempio in modi alquanto discinti ed attiravano i viaggiatori per condurli in seguito nelle stanze private.
L’ insegnamento riguardava svariati aspetti, dalla preparazione tecnica alla particolare capacità sottile di generare e mantenere dentro di sé una particolare qualità spirituale, tale da poterla poi trasmettere nel maschio attraverso la penetrazione o la via orale. La preparazione interiore in ogni caso, riceveva un accuratezza da cui la necessità di prendere le femmine da giovanissime e trasferirle all’interno del tempio per un noviziato esclusivo che le escludesse da tutta una serie di influenze capaci di corrompere quel particolare stato magnetico attraverso le cui vie la dea avrebbe potuto manifestare la sua presenza. La serietà con cui tutto questo veniva ripetuto, la cura,la perseveranza e l’intensità stessa della volontà così attualizzata, resero la memoria di Babilonia qualcosa d’intramontabile. Nella magnificazione eccelsa dell’atto d’amore fisico si tentò di trascendere il fatto stesso carnale, espropriandolo dal corpo attraverso il corpo, per far si che raggiungesse con il suo puro soffio la sensibilità attiva del principio generante. Era come un grido, attraverso le gesta di donne votate al dono, che veniva fatto risiedere altrove, nella gioia del negare la proprietà di se stessi, nell’oblio catartico che dava sollievo ed ebrezza. Fu questa un epoca di splendore e bellezza il cui potere permase oltre la dimensione temporale,quasi sospeso in un eternità ammaliatrice, e dalla cui fascinazione alcuno poté ritrarsi, anche quando si tentò in ogni modo di concludere con un ribaltamento il ricordo di qualcosa che non voleva essere annientato, e che per questo si guadagnò il violento giudizio dei poteri. Nonostante questo, Babilonia è rimasta viva, ultimo bagliore di quella luce che poco dopo sarebbe stata arsa da un altro regime di fuoco. George Bataille scrive” L’erotismo precipitò nella sfera profana quando venne fatto oggetto di una condanna radicale. L’evoluzione dell’erotismo è parallela a quella dell’impurità. L’assimilazione al male si accompagna al misconoscimento di un suo carattere sacro. Finché il carattere sacro dell’erotismo fu percepibile, la violenza del’erotismo era suscettibile di provocare angoscia, di infondere scoramento, ma non era assimilata al male profano. ” E più avanti scrive”Non è in verità il fatto di essere pagata che determina la decadenza della prostituta”. Con questa citazione si chiude tutto ciò è stato detto fino ad ora e si prosegue lungo il percorso tracciato dal tempo al fine di comprendere più chiaramente cosa sia successo durante il passaggio attraverso le epoche, tale da far diventare la prostituzione sacra a quello che è oggi. Le cose devono cambiare e necessariamente cambiano, poiché la vita è un fluido costantemente in movimento, inarrestabile, condizionante e condizionabile, che si adegua a tutte le influenze che pur componendone la sostanza,al tempo stesso ne determinano la natura e la direzione. Ma quello che non stupisce affatto è l’andamento che questi mutamenti assursero,il tipo di senno che parve animare la motrice verso un dato tipo di risvolto, e non tanto che esso mutò. Poiché ad oscurare lo splendore del femmineo sacro, sopraggiunse un tenore di fuoco a carattere prettamente maschile e questo corrispose alla fase in cui alle deità di carattere femminile, si aggiunsero fino a sostituirsi quelle maschili. Non si tratta qui solamente di distinguere fra società matriarcali e patriarcali, cosa che non interessa particolarmente in questa sede, quanto di individuare quali ideali, di volta in volta, furono individuati come modelli da conservare e proteggere. Si potrebbe parlare di una prima fase matriarcale matrista dai valori imperniati sulle caratteristiche del puro femmineo ishtariano. Sorsero anche anche periodi matriarcali patristi, laddove l’idea di riferimento era una divinità i cui caratteri maschili diedero uno forma completamente diversa al comportamento della comunità. Prima che il politeismo eterogamico venisse completamente soppiantato da culti sacri a deità maschili, si assistette ad un lungo periodo dalla fenomenologia molto interessante, dove dee e dei facevano coppia fra loro e durante il quale un gran numero di religioni e culti sorsero ovunque in modo diverso, moltiplicandosi, differenziandosi ed articolandosi a seconda della cultura di appartenenza. Nei millenni che seguirono Babilonia non ci fu alcunché che riuscisse ad eguagliarlo,nonostante molti furono i tentativi di ripristinare quella condizione e ciò fu, come già detto, causato dalle condizionalità lavorative e dal raffinarsi delle specializzazioni corticali a seguito di selezioni naturali e salti generazionali. Fu nella comparsa del divieto, invenzione di natura patrista, quella necessità di porre ordine nel caos, nel tentativo arrogante di arginare la forza dilagante del femmineo all’apice della sua potenza. La progressiva espansione delle società determinò ben presto una maggiore complessità ed una stratificazione delle condizioni sociali, per cui, presero forma i ranghi. Il rango sociale sorse inizialmente spontaneo, data l’evidenza che non tutti vivevano nelle stesse condizioni. E se fu per meritocrazia o volontà divina che fu ritenuto che ciò avvenisse presso la mentalità dei primi popoli, con la progressiva scomparsa del senso comune del sacro in cui tutto è spiegato e data l’ individualizzazione crescente, ne fu fatta una questione di discendenza familiare ed una responsabilità personale. Non era più causa di Dio o della dea se un uomo moriva di fame prima di un altro, ma una disposizione di quell’individuo specifico, conseguente ad una qualità o capacità che non era stato capace di sviluppare a sufficienza in se stesso. Era nato il senso di colpa. Tutti questi concetti ci misero molto tempo a definirsi e perimetrarsi, e sarebbe inutile ripercorrere in questa sede tutte le tappe che hanno condotto alla attuale condizione ove questo è al massimo della sua espressione manifesta. Mai come adesso tutto è tracciato da confini troppo netti ove la sopravvivenza del singolo è addirittura più importante di quella di un intera razza, se non dell’umanità. Ma perché sto’ dicendo tutto questo?. Per arrivare al punto in cui tutto cambia, e si spezza completamente la corda che legava il sacro alla vita quotidiana. Nella classificazione sociale successiva allo strutturarsi delle civitas in pubbliche manifestazioni, luoghi di culto politeisti, categorie lavorative, si assiste ad un incremento esponenziale della popolazione la quale deve andare ad occupare una qualche posizione da qualche parte. La ricerca di senso comune, nell’ingente aumento di risorse umane che nei millenni fa la sua comparsa, viene lentamente fatta riconfluire nell’ ambito del lavoro. Il fulcro lavorativo di accosta al sacro per poi distaccarsene, generando un ambivalenza che cresce e pretende un riconoscimento. Nel lavoro è quella sicurezza che gli dei comunque non poterono assicurare, è quell’ordine profano nel quale si ha possibilità di scelta. Dipendendo tutto dalle proprie capacità si possiede quell’arbitrio strumentale che era stato negato all’uomo fino ad allora, ricoperto dallo spettro onnipotente di qualcosa che decideva a suo piacimento ed incomprensibilmente. Ci si rende conto che tutto ciò provoca una certa soddisfazione, e la prospettiva egocentrica sbalza via quel senso gioioso dell’appartenenza comune che le deità parevano non premiare così frequentemente. Gli dei vennero colpevolizzati per non aver saputo fare quello che era in loro potere fare e fu così che l’uomo, dopo essersi staccato dall’animale, si staccò dal dio, volendosi riconoscere quel potere unico che lo avrebbe reso migliore di qualunque altra forma di vita. Ribadisco che in tutto ciò è una progressione lenta, millennio dopo millennio, lotta dopo lotta, e che ci sono stati periodi in cui taluni regimi imperniati sul sacro sono rientrati, per poi finire nuovamente. Ma ad un certo punto questo smette di essere come prima e la ricerca dei sistemi per ripristinare l’orine prende il sopravvento. E’ l’avvento del regime del fuoco luminoso, contrapposto al fuoco oscuro. Diventa quindi ancor più chiaro come ne l’animale ne il dio possano essere imitati, poiché entrambi spietati e disinteressati alla morte umana ed alle disgrazie. La nascita delle classi miserabili dentro un contesto sempre più specializzato costringe una parte della popolazione ad assoggettarsi a divieti necessari alla loro sopravvivenza, mentre un’altra parte delle comunità non vi è obbligata. Il sacro è tutto ciò che vive nutrito del divieto, ed in un primo tempo esso permane presso i ranghi più elevati. Ancora oggi presso alcune religioni divise in caste il divino riguarda esclusivamente il rango più alto, che è anche quello più ricco e contemporaneamente quello che deve seguire un educazione ed una disciplina più severa, consona al livello occupato. In basso, presso le condizioni miserabili troviamo coloro che ancora sguazzano nel caos, giustificati in questo dalla loro povertà, le cui condizioni permangono legate alla visione dello status animale, aventi per ciò diritto di dar libero sfogo ai propri impulsi. Si inizia a guardare all’istanza caotica con altri occhi, al’interno di una prospettiva che va autodeterminandosi via via che la società ulteriormente si espande e si struttura. E se vi chiederete cosa c’entra in tutto questo la prostituzione porreste una domanda alla quale provvederò a rispondere di seguito. Poiché è in questo contesto che si va a collocare la nascita della “bassa prostituzione”, quella che si marchia definitivamente di profano, e rimane legata agli istinti animali di coloro che vivono miserabilmente ed in preda al principio indeterminato del caos. Se nella scelta di darsi a chiunque senza limite viene individuata una polarità abbietta che oltraggia,nel suo essere tale, la nobiltà pura del senso del sacro, ecco che la prostituta diventa un animale, se non peggio di un animale, in quanto essere nato con la facoltà di ritrarsi dalla condizione delle bestie. Nella sua libertà essa ha scelto di decrescere e svilirsi, di permanere allo stato bestiale, pertanto colpevole d’immondezza esteriore ed interiore. Così la puttana diventa la vacca e la troia, o femmina del maiale, colei che fa versi, colei che si rimette in posizione supina per farsi riempire dal primo venuto, colei che non ha regole e non rispetta i divieti. E’ così che inizia a formarsi il primo nucleo concettuale astratto che tradurrà l’idea sacra di comprensione dalla disponibilità illimitata, nell’atto escrementizio di colei che sta’ ai limiti della società. E’ in questa prima fase che il tracciato attuale si forma, ed anche i primi dettami patristi hanno finalmente l’habitat giusto ove attecchire. Ed ecco che la morale fa la sua comparsa per la prima volta, ed in ogni parte del mondo essa si struttura in combinazioni differenti. I portatori della fiaccola che deve riportare quella luce perduta ,generando dalla sua fiamma l’ordine nell’oscurità del caos, sono i primi precursori del successivo sfaldamento dell’ideale matrista. Inizialmente pochi, ma potenti e volenterosi. Dopo millenni di confusione impugnano severi e retti la verga che ricondurrà l’umanità a ritrovare il vero ed ultimo significato della sua esistenza. Sono le norme e le regole, la disciplina e l’autocoscienza, il controllo e la restrizione, quegli strumenti che innalzeranno l’uomo dalla sua abiezione. Le prostitute sono come bestie necessarie a complementare l’apparato matrimoniale, sorte in funzione di una pura necessità fisica. Poiché se nella madre-moglie rinveniamo ancora le polveri di quell’idea di femmineo che dona, è nell’atto del partorire che si manifesta il suo potere, e dove termina il suo compito. Non si può violare una condizione pura e genuina come quella della mater familias che ancora mantiene in se filamenti di contatto con quel senso di sacro. Ed è la famiglia come tale a diventare sacra, come ancora oggi viene ritenuta, e quindi da proteggere conservare a tutti i costi, anche a scapito della comunità. In quel senso di profonda sacralità del familiare a cui molti ora compartecipano,è la forza che induce l’uomo alla guerra ed al coraggio,a stimare la sua vita sacrificabile per qualcosa d’altro da lui che può riconoscere con vivo senso di appartenenza. Una forma d’amore genuina e limpida che non deve essere profanata, poiché santa ed auspicabile, fonte della perpetuazione della vita dentro un utero finalmente comprensibile. In fondo non si è mai perso quel significato pieno che nel convergere verso ciò che avvisa avere natura elevata, ne consegue che per questa sua virtù esso debba essere protetto a costo della propria stessa vita. Questa parte dell’uomo deve sopravvivere e sopravvive ad ogni costo, poiché la natura del senso del sacro riguarda un livello di esistenza che non si può estirpare. In una forma od in un’altra, esso appare, si vela, si trasforma, eppure resta lì e ne fa parte integrante. Ed ecco che la puttana si tramuta nella disturbatrice dell’ordine pubblico, colei che mette a rischio la sacra famiglia, la donna profana ed esecrabile : bandita dal diritto sociale di far parte della comunità. Vi è un ribaltamento che diventa improvvisamente lampante, nel momento stesso in cui non è più colei che si rifiuta di prostituirsi a venir ritenuta profana ma proprio colei che lo fa. Che non ci fossero più templi dove donarsi agli sconosciuti è certo, e che quegli stessi sconosciuti infarciti dalla morale dilagante non potessero più cogliere l’idea di bellezza sottintesa nell’offerta del dono di sé, e’ ancora più evidente. Scrive George Bataille “ L’origine della decadenza delle prostitute coincide con la loro condizione miserabile. Tale coincidenza è forse involontaria ma rappresenta,sotto la specie del linguaggio sconcio, un partito preso di ripudio:il linguaggio sconcio ha il senso di un rifiuto della dignità umana. Perché la vita umana è Bene, si ha, nell’accettazione della decadenza la volontà di sputare sul bene, di sputare sulla Vita Umana. In particolare, gli organi e gli atti sessuali hanno nomi che derivano dalla caduta, la cui origine va rintracciata nel particolare linguaggio usato nel mondo della decadenza “.Fu all’incirca nel IV secolo a.c. che l’ineguaglianza e la miseria dilaganti provocarono disagi tali,che la morale si espanse in ogni angolo di terra. I movimenti che sorsero avevano il pieno intento consapevole di moralizzare, e fu in questo stesso periodo che si può far risalire la nascita del primo movimento giudaico –cristiano. Giro di boa che fece scaturire una nuova versione dell’atto del donare il proprio corpo. Nonostante ciò, per molto tempo la prostituzione fu attuata in termini profani e sopravvisse in molti ambienti, stratificandosi,moltiplicandosi e specializzandosi a sua volta. Si crearono quindi i primi ranghi attribuiti a coloro che si prostituivano, generando una scala sociale del meretricio ove alcune, per bellezza, famiglia, condizione sociale, erano più pagate e ricercate di altre. Moltiplicarono i luoghi ove tale attività veniva svolta, ed anche coloro che godevano dei favori di femmine discinte, giacché instauratosi stabilmente il concetto di divieto necessario, la fascinazione che tali figure provocavano risentiva abbondantemente di quella trasgressione che del divieto stesso si nutriva. Aberrante divenne andare a prostitute, nella laidezza animale che tutto ciò investiva : questo attrasse con un suo proprio magnetismo oscuro grandi masse di uomini che si riversavano nelle strade o nelle taverne per bere, urlare, cantare e ritrovare quella loro natura animale che al di fuori da quelle stanze doveva essere tenuta limitata entro una parvenza di dignità sociale. In linea di massima, ancora nel Medioevo, che vide il rifiorire di una certa forma di animalità, si assisteva a scene pubbliche di gente che si accoppiava brutalmente per le strade e nudità esposta senza pudore. Non c’è periodo storico dopo Babilonia, e così distante nel tempo, che si sia accostato a quell’idea matrista di ebrezza libertina decondizionata che deve a tutti i costi trovare sfogo fuori da sé in ogni modo, con ogni mezzo e senza riguardo per la morale. Fu anche per questa evidenza, in un epoca dove tutto sommatto si credeva di essere riusciti a seminare definitivamente gli abomini di Babilonia, e dove copiosi movimenti patristi nel frattempo si erano espansi ed avevano attecchito, che si cercò in tutti i modo di fermare lo scempio in atto, per evitare che dilagasse nuovamente. E questo tentativo arrivò poi alle sue estreme conseguenze, non potendo in altro modo fermare l’inarrestabile forza propagatrice della lussuria. Nasce con la caduta dell’impero romano d’Occidente quest’epoca ricca e gloriosa, che copre l’arco di un millennio e nella quale si susseguono i mutamenti che porteranno alla scelta decisiva che cambierà irreparabilmente il modo in cui la prostituzione verrà vista e trattata da quel momento in avanti. Il Medioevo è un epoca arrogante e fastosa, piena di tumulti, instabile e mutevole, la catarsi transitoria nei cui spazi vengono rimessi in discussione gli antichi valori e si cerca di convertire i pagani al monoteismo patrista della nascente nuova religione. E’ per l’appunto il concilio di Nicea che nel 325 d.c., decreta ufficialmente la religione di Cristo come universale, famiglia nella quale tutti, in qualità di mortali decaduti, hanno il dovere di riversarsi. Come se l’epopea dei secoli precedenti fosse stata rimossa con un sol colpo secco : nella sopravvivenza viva e densa di comunità politeiste pagane si fa spazio un vento gelido che tenta di inghiottire dentro di sé millenni di culti sacri. Sono loro i profani, coloro che non vogliono versare il loro sangue nelle acque purificatrici del dio padre sole Helios, quella luce accecante in grado di fare l’ordine necessario a rendere all’uomo la dignità che ha perduto con il peccato originale. Si tenta di sovvertire il libertinaggio matrista con la pervicace e costante opera moralizzatrice dei primi padri, progressivamente e pazientemente, attraverso la restrizione e la repressione. Ma in realtà passeranno ancora molti secoli, prima che tutto questo raggiunga un equilibrio saldo, poiché ai tempi in cui sorse il puritanesimo di derivazione solare, quasi tutti erano pagani ed il politeismo non era mai stato così prolifero. Abbondavano i templi in onore delle divinità in ogni parte di mondo. La morale è nata con la prima abiurante messa in discussione dell’istinto e della natura, come necessità dell’uomo di darsi una regola atta a costruire, nella direzione di una crescita culturale che arrestasse il dilagare senza forma della libera espressione delle proprie irrefrenabili pulsioni. Ed a tutto questo concise anche la nascita della violenza, quella necessaria altra pulsione che sorse allorché un’altra pulsione fu combattuta. Il gioco fra eros e thanatos, equilibrio precario che pretende il dinamismo, veniva soccorso dalla ragione che si rifiutava di sopravvivere in perenne balia di qualcosa che non conosce e non sa’ gestire. Limitarsi ad attestare che le cose stanno così e che non si poteva fare altrimenti che accettarne la natura, a seguito della comparsa delle prime ideologie di natura moralistica, non era più cosa da uomo, ma da animale. La prostituzione doveva sopravvivere come male necessario, atto espiatorio che la società richiede in premio alla sua natura viziosa, modalità di scarico per qualcosa che soltanto una vile natura escrementizia come quella della puttana avrebbe potuto accettare. E fu quando sorsero le prime restrizioni, inizialmente tramandate soltanto per via orale e scritta, che il conflitto interiore esplose dando origine ai primi fenomeni di ossessione, perversione, maniacalità, desiderio di possedere una donna contro la sua volontà. Si scatenò l’antitesi sottile di quel principio vitale estromesso, che tuttavia permaneva a livello profondo, in regioni sempre più remote :rimaneva il mero fatto fisico di una necessità, che così facendo si piegava alla forma ed iniziava a procedere verso quel livello. Briffault fa notare” La moralità sessuale, come si concepisce generalmente, non ha nulla in comune col significato avvilente attribuito al sesso, con l’esaltazione visionaria della verginità e la condanna del matrimonio, valutato come un m le necessario. Tuttavia da questo ideale ascetico è derivata l’etica europea”. Non è quindi soltanto una questione di validità oggettiva della moralità, ma piuttosto di quanto una data quantità di individui ad un certo punto, spinti dalla diffusione perniciosa ed ammaliatoria di ritualità e gesti ieratici che avevano bandito l’elemento pannico dalla loro struttura funzionale,generazione dopo generazione, abbia abnegato l’autonomia di un pensiero che dovrebbe a tutti i costi sopravvivere libero, piegandosi ai dettami che fiorivano e venivano ovunque decantati. Il fascino di questa novità attrasse in effetti fin da subito la gran parte della popolazione che viveva in condizione di miseria,e se la loro era un abiezione alla quale dovevano rassegnarsi, una condizione ritenuta aberrante dai benestanti, nella prima morale che si rifaceva all’idea del padre sole che consola i poveri ed i miserabili, essi trovarono un enorme conforto. Poté così costituirsi un sistema nel quale anche coloro che erano guardati come bestie,sentivano per la prima di avere diritto a ricevere una benedizione da un principio divino che non aveva nulla a che fare con i precedenti della storia, che era unico e solo, onnipotente e comprensivo. Tutto ciò andò a nutrire primariamente quella parte di società povera e senza cultura, su cui la fascinazione aveva possibilità di fare maggiore effetto, le cui risorse per un eventuale raffinamento celebrale andavano mancando a causa delle condizioni di vita a cui dovevano soggiacere. La possibilità di partecipare di quella sacralità venne offerta generosa, senza pretendere sacrifici, senza che vi fosse responsabilità personale: era per tutti. Tutto era scaricato attraverso un semplicissimo atto di coscienza che si estroflette e lavabile via con un atto interiore di fede autentica. La pratica religiosa si trasferì all’interno, presso ambienti specifici chiusi atti a questo tipo di ritualistica,e contemporaneamente si ridimensionò come qualità che appartiene al singolo ed nel singolo si caratterizza ed estingue. In tutto questo bisognava necessariamente colpevolizzare qualcuno ricercando le colpe fuori da sé, scaricare tutto ciò che è male e istinto su una figura che avesse le fattezze e le evidenze tali da poter incarnare a tutto tondo il simbolo del capro espiatorio. Tutto diveniva ora più semplice. Le puttane erano quel male individuato e confinabile :coloro che in qualche modo proseguivano attivamente lungo la via della perdizione in quel caos ove non è un ordine solare ma solo abnegazione della vera natura sacrale dell’uomo. Dai rituali pagani collettivi furono banditi un po’ per volta quegli elementi naturali sorti in precedenza che ne fondavano la profondità sostanziale e la nudità iniziò a diventare un altro simbolo vivente di quel serpente tentatore, che affondava nella carne il suo veleno e dalla carne tentava di diffondersi al di fuori. Era nella fattispecie della donna, quale femmina che tenta nella sua passività attiva, la forma che era stata creata per rendere il Maschio reduce da qualcosa che andava a tutti i costi fermato. Si ritenne che l’ uomo senza la donna sarebbe stato più puro e più vicino a quel principio solare da cui derivava la sua integrità libera. In questa cornice nacque anche l’idea che la castità fosse l’unico rimedio possibile
e via diretta per la liberazione. Fu così che il sacro ed il profano furono irrimediabilmente divisi nella scelta di attribuire a coloro che si votano alla causa religiosa, una conseguente virtù ascetica che avrebbe permesso di servire in modo adeguato l’altissima causa a cui si erano professi. Sacro divenne quindi tutto ciò che aliena il sesso, che dal sesso non si lascia influenzare, che non decade nel peccato originale. Ma la cosa non fu così semplice e le conseguenze di questo in seno ai popoli fecero l’evidenza a cui in seguito si dovette ancora una volta dare un freno in modo ancor più vigoroso. Fu anche per questo che nell’asilo della follia medioevale, questo dogma che si diffondeva attraverso libri penitenziali la cui distribuzione aveva lo scopo di sensibilizzare ad una causa più alta e giusta, vide un incremento esponenziale degli atti sessuali. Insieme a ciò, nello scompenso interiore che da ciò si originò, si assistette alla proliferazione della violenza sessuale e delle prime forme di sadismo, senonché della valenza oscura dell’atto naturale del sesso. Se ciò che veniva fatto era male, e se fare il male consapevolmente di stare facendolo riesumava quell’entusiasmo che scaturisce dal senso del divieto infranto, allora quel male fa parte dell’uomo e va lasciato libero di manifestarsi. Se a tutto questo non è possibile dare un freno definitivo, ed espiare non è ancora sufficiente, allora è bene punire la carne per ciò che essa è atta a divenire, e cercare di trarre maggior gioia possibile da tutto questo. Il capovolgimento paradossale del senso naturale del bello e del sano, nella direzione antinomica di qualcosa che vive del conflitto ed ha natura di conflitto, divenne la rappresentazione ufficiale dell’ archetipo collettivo sessuale , che da quel momento si mantenne viva molto a lungo. Tutto ciò ebbe il potere per attecchire così bene, anche se nell’arco di un lungo tempo, poiché vi erano le condizioni affinché ciò avvenisse ed in qualche modo l’umanità era pronta per questo sacrificio. Scrive G. Rattray Taylor “L’istinto sessuale è qualcosa di più di un semplice bisogno biologico :è un complesso problema metafisico “; Klages al riguardo:” E’ un errore, è una falsificazione voluta, chiamare l’istinto sessuale un istinto alla riproduzione. La riproduzione è un possibile effetto dell’attività sessuale, ma non è affatto compresa nell’esperienza vissuta dell’eccitamento sessuale. Di essa, l’animale non sa:sa soltanto l’uomo”. La morale puritana, nella esasperazione dell’idea del puro come particolare qualità del non sessuato, volle imitare quell’idea di sacro incorporeo, ravvisando in se stessa la conoscenza che la divinità in quanto tale crea senza l’ausilio di una forma, ed il suo è un pensiero vivente creativo. La fusione di tutto questo con la simbologia solare di un dio padre che ha tutte le caratteristiche dei precedenti gruppi improntati sugli ideali patristi, lascia emergere la figura della donna come qualcosa di abietto, nello specifico della puttana. Ma la madre ancora si salva da questa sorte e lo fa nella misura in cui si asservisce ai dettami del maschio, unico e solo portatore di quel potere in grado di purificare dalla laidezza profana. Ed il corpo con i suoi effluvi ed escrementi, esprime nella sua evidenza funzionale questa caduta da cui bisogna ritrarsi. La femmina lavata a profumata deve abbigliare in modo consono, e tale da non scatenare nell’uomo quegli istinti che lui non può dominare e la cui colpa risiede nella donna. La prostituta incarna il caos che vuole permanere se stesso,colei che si rifiuta di fare ciò che gli viene detto, ma ci si rende conto anche di quanto sia necessaria la sua esistenza. Se il matrimonio è l’unico sistema per trattenere i bassi istinti presso una formula riconosciuta ed accettata, è bene anche con la propria moglie evitare di lasciarsi trascinare dall’istinto, impiegandola solo per scopo procreativo. Si raggiunge infine la metà ultima, dopo la faticosa scalata alla ricerca di una qualche spiegazione, ed è nel silenzio che grida che tutto questo si adempie, rifiutandosi di andare oltre le apparenze, limitando lo sforzo conoscitivo ad una restrizione che in qualche modo prima o poi raggiungerà lo scopo per cui è stata attuata. Non è una volontà di comprendere, ma piuttosto una castrazione dei sensi, una volontaria limitazione del proprio potere personale, nella piena e degradata presa di coscienza che l’istinto non si può trattenere ne arrestare. Agli inizi del Medioevo la quantità di invasati che cercavano di farsi spazio con la loro parola presso i pagani era ancora limitata e d’altronde, nel clima dell’epoca, dove la nudità era considerata una cosa come le altre, da esporre a proprio piacimento in base alla voglia, tutto ciò fu visto come ridicolo ed assurdo. Non ci fu neanche bisogno di contrastarlo. I culti pagani si accompagnarono ai primi culti della nuova religione senza che ci fossero scontri o lotte per il predominio ideologico. Nel 380 d. c l’editto di Tessalonica aveva messo fuori legge tutte le religioni politeiste e pagane, rendendo legale la sola esistenza del cristianesimo, avente quindi pieno diritto do sopravvivere a scapito di millenni di sacri culti agli dei. Se furono proprio gli schiavi e gli indigenti ed i malati i primi a convertirsi, ciò non cambiò in ogni caso le cose per almeno un millennio. Ci vollero molti passaggi generazionali per creare una maggioranza così potente da fronteggiare i pagani ed imporgli una misera esistenza abbietta che non poteva essere mostrata in pubblico. E tutto questo pare non avere molti punti di contatto con l’argomento che sto’ trattando, eppure spiega molto bene come si è arrivati progressivamente a ritenere ovvie posizioni che ovvie non sono state ed anzi sono piuttosto recenti. E’ soltanto da circa un millennio che un certo tipo di qualità interiore è entrata comunemente a fare parte di quello che l’uomo ritiene sia l’ovvietà della propria condizione. Ma ciò che confonde è che in questo quadro le prostitute furono più vive che mai, e ricche come non erano mai state. La malia che adesso, il simbolo del peccato aveva sul maschio, non poteva essere trattenuta, poiché il divieto rendeva l’atto sessuale a pagamento senza scopo procreativo qualcosa di adrenalinico e accattivante. Senza bisogno di ricordare che anche presso alcuni monasteri si narra che furono adibiti bordelli dove gli stessi appartenenti al clero si approvvigionavano molto di frequente, queste figure diaboliche più avanti perseguitate, nel conflitto di volontà che trascinava la natura sempre più a livello inconscio, andarono ad incarnare il simbolo di una libertà proibita. Il non concesso si riversava discinto nelle strade e la memoria di quei gloriosi tempi trainava le moltitudini a sé ancor più potente di prima. Fu anche per questo che il Medioevo fu uno dei periodi della storia dove il sesso fu centrale all’interno della vita sociale, in particolare quello nei bordelli. Scrive a proposito Lasse Braun”Nel 997d. c la Chiesa aveva acquisito oramai pieno potere religioso e temporale sulla città di Roma, ma i papi e i prelati del tempo la pensavano come Sant’ Agostino :”Dammi la castità ma non ancora”. Mantenevano nelle loro corti orde di puttane e meretrici, condotte in quell’anno dalla bella e focosa Marozia, prostituta di gran talento. Era la favorita del papa GregorioV, primo papa tedesco della storia, e dai suoi vescovi. Ciò dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, la stima nella quale si tenevano le prostitute fino a quegli anni. Gli onori ed i doni concessi a profusione per la maestria e l’insegnamento del sesso a scopo di piacere, erano sotto gli occhi di tutti ….. quando la paura della fine del mondo si sparse per tutta l’Europa, strombazzata ai quattro venti dai clerici cristiani per attirare pellegrini, le faccende di amori lussuriosi consumati in privato in Vaticano, divennero pubbliche. Cardinali, vescovi, preti, puttane a seno nudo, ragazzine e ragazzini in caccia di amanti/clienti, noti omosessuali, lesbiche, travestiti, parassiti, magnaccia ed altri soggetti simili, percorrevano le strade della Città Eterna in processioni orgiastiche, tra ali di folle entusiasta “. In qualche modo, quel concetto di dono sopravviveva ancora, anche se debolmente, misto alla forma che tuttavia stava completamente spiegando le vele nella direzione di una crudeltà formale che secoli dopo si sarebbe scatenata sulla materia accusando violentemente ogni sorta di manifestazione legata alla libera espressione. Numerose narrazioni di cortigiane benestanti e non, mettono in evidenza di quanto il femmineo fosse riuscito, nel pieno tumulto di una catarsi sociale di queste dimensioni, a riprendere le redini della propria dignità, fascinosamente richiamando con la sua malia l’attenzione di appartenenti a tutti gli strati sociali. Sacro e profano rimescolavano i loro effluvi l’uno nell’ altro, senza che ci fosse un confine chiaro atto a creare una vera regola, e la profonda diversificazione ideologica della popolazione, impediva a quella luce di farsi strada in modo chiaro e lineare. L’anno mille è un vortice dove tutto si consuma ed ascende, ove la paura lascia lo spazio alla pura violenza e libera il sesso dalle sue catene, disintegra i codici ed indebolisce la sanità della morale. Oltrepassata la catarsi ove tutto è concesso e giustificato dalle quasi certe conseguenze catastrofiche dell’ultimo giorno, ogni scelta è solamente del singolo che esauritosi a terra,ritorna alla realtà. Ed ancor più di prima è una colpa quella che va reintegrata, quella stessa colpa che adesso non sarà più lavata via con la morte o con la fine del mondo, e con cui tutti dovranno fare i conti. Fino a qui, tutto rimane nelle mani di qualche manciata crescente di personaggi dal grande carisma, le cui parole e le cui promulgazioni non ottengono alcun appoggio consistente da parte del potere legale, patrocinandosi da sé in modo fragoroso e ridondante , tentando di instillare dentro le genti il principio sottile che la nuova idea sottintende. Nei fatti, quindi, tutto resta stabile per ancora molti secoli, anche se mutano le modalità, le intenzioni e soprattutto il valore che si attribuisce al concetto di dono del proprio corpo. Tutto quello che accadde mette in risalto e vuole mettere in risalto quel progressivo processo di sfaldamento della bellezza che passò attraverso una magnifica idea, ed attraversò il concetto per arrendersi alla biologia. La spiegazione che si potè dare di tutto quello che avvenne dovette necessariamente prescindere dal considerare che quando sorse, fu per volontà divina. Ed era la stessa volontà divina, ora, che ne voleva negare l’esistenza mantenendo eppure nell’evidenza tangibile, un comportamento che negava la sua stessa espressa volontà. Piena contraddizione da cui il Medioevo fu ampiamente nutrito, generando follia, perpetuando immondezze. Finché il vero regime di paura non rese prioritaria un’altra necessità ancor più potente, ossia quella di sopravvivere alla morte, ciò ebbe scarsa incisività. Anche se la mentalità accomunante i popoli mutava insieme con il mutare degli usi e dei costumi, per quel che riguarda la prostituzione, l’immanenza trascendente che ne era e ne è tutt’ora la forza, espose molto chiaramente ciò che davvero in profondità la animava. Lasciato il concetto, abbandonata la madre e spezzata la corda,rimase il verso indescrivibile dell’atto creativo del primo inviolabile sacro principio onnipervasivo, e se tutto il resto poté essere dimenticato, quello che ne era la diretta e più sensibile conseguenza, rimase comunque intatto. Questa la forza sprigionata delle ceneri di ciò che un tempo era splendore di ornamenti e pietre preziose sui templi dei devoti d’amore. Il dogma del nascondimento ebbe la meglio poiché propose una soluzione che non richiedeva alcun coraggio. Nella profanazione del puro sacro e nella ricostituzione di un altro ordine di sacralità, che doveva interagire a pieno titolo con il profano, inglobandolo e mondandolo, si finì con il fare una grande confusione. Ne risentì la particolare qualità di visione dell’uomo che divenne, quello stessa che riuscì nell’intento di giudicare a pieno titolo, credendosi appoggiato in questo dalla volontà di un Dio la cui sacralità era indiscussa. E non ci si chiese nemmeno cosa aveva portato a quelle conseguenze e come si era arrivati a perdere il contatto con quel Tutto ove ognuno era parte inscindibile di un Unicum ove ogni causa provvedeva a mutare un ordine comune, e nel quale ognuno, in ogni caso,aveva una sua parte di responsabilità diretta. Nella deresponsabilizzazione che un confessionale poteva offrire, era quel luogo sicuro ove non dover più rimettere in discussione il proprio sé, e senza doversi spiegare altro, si inseguiva la carne ovunque essa conducesse, consapevoli che il perdono era a portata di tutti in qualunque momento. In una lenta progressione decadentista, fra chi realmente e completamente credeva nella morale puritana e chi invece, pur convinto di stare prendendone le distanze, iniziava ad accusarne i colpi, si arrivò al tentativo ultimo di arrestare tutti coloro che ancora non si erano piegati alla volontà del Grande Padre. Quando l’istituzione della Santa Inquisizione, via via in espansione in tutta Europa, ottenne l’appoggio del potere civile, unendo finalmente sacro e profano in un tutt’uno coeso da cui nessuno avrebbe potuto ritrarsi, ed il diritto di vita e di morte soppresse l’ultimo bagliore di una volontà divina oltre l’uomo, la paura iniziò a dilagare. Fu lo spettro della morte vera e fisica ad aleggiare per le strade, una morte che aveva una chiara forma autorizzata da dio. Nata con lo scopo di perseguire gli eretici, espanse il proprio dominio a tutte quelle forme di sessualità libera la cui sopravvivenza ora poteva essere messa a tacere da un potere indiscutibile, che riassumeva tutte le dimensioni conosciute, e che nessuno avrebbe potuto negare. Era la legge della terra e quella del cielo a sanzionare tutti coloro che non avessero abiurato a favore della grande famiglia cristiana, l’unica chiesa universale. E le puttane in tutto questo incarnavano il male, attuavano e promuovevano quella tentazione che derivava direttamente dal nemico di dio e pertanto erano streghe, come streghe erano tutte coloro i cui atti non si conformavano all’idea degenere del bene comune. Rimanevano al sicuro tutte quelle cortigiane e donne che godevano dei favori dei potenti e chi era abbastanza ricco da potersi permettere di pagare laudi compensi per assicurare la sua anima. Con la nascita della paura la prostituzione continuò ad esistere, ma lo fece in un regime sempre più claustrofobico ed opprimente. Non era più neanche questione di morale, quindi qualcosa di soggettivo a cui si poteva scegliere di asservirsi o meno, ma un fatto di legge universale unilaterale , santa ed oggettivamente incontrovertibile. Era scomparso il dono, era morta l’idea. Tutto divenne pura forma. Celibe da ciò permaneva un’unica parola ed un unico tempio, ove tutto ciò che non partecipasse dei valori decadentisti della penitenza, castità e colpa, era in qualche modo estraneo al senso che la vita doveva avere. Ma non era stato l’uomo a scegliere questo, no. Era stato un Dio padre che aveva soccorso l’Umanità nel momento del bisogno, mettendo in scena una rappresentazione necessaria a far comprendere quello che la carne è nella sua mortale natura. Solo nella negazione e nella frustrazione del derivato dei sensi fisici si ottenne quella liberazione a cui tutti gi strati sociale avrebbero dovuto livellarsi. Di fatto poi, i ricchi ed i nobili, poterono salvaguardare la propria incolumità da tutto questo, soprattutto per il potere economico che detenevano, e per le protezioni che potevano ottenere. Il denaro poteva fare la differenza: in esso transustava un potere insostanziale che sia pure nella decadenza manteneva il divino talento di sovrintendere alla materia. Con la morale puritana ci si concentrò sulle risorse inanimate che l’evidenza mostrava essere maggiormente utili alla conservazione della propria libertà di scelta. L’orientamento era tutto sulla terra. Le prostitute erano quella carne sacrificabile la cui palese dannazione indiscussa ne lasciava intatta la costituzione:l’acqua corrosiva da cui ci sarebbe ritratti purificati. Oramai era principalmente per soldi che tale attività rimaneva in vita, anche se nei casi specifici che qua non è il caso di spiegare rimase viva la fiamma di un piacere il cui intento è nella carne verso la conoscenza. Bello divenne ciò che è decadente, e brutto ciò che era animato da gioia. Scomparso tutto, rimase la cenere dei cadaveri di tutte coloro la cui colpa fu quella di donarsi a chi ne aveva bisogno. Alla fine del Medioevo, erano state massacrate oltre un milione di donne, accusate di stregoneria, soltanto nell’Europa cristiana. Se ciò abbia cambiato il modo in cui i posteri avrebbero guardato a questa professione ?. Fu quel disprezzo particolare, portavoce di un sentimento di inadeguatezza, figlio di conflitti interiori irrisolti fra pulsioni e ragione, a diventare l’atteggiamento precipuo di tutti coloro che si ritenevano migliori di altri, in quanto adeguatisi al regime condiviso dalla maggioranza. Il germe di quello che è diventata oggi una presa di posizione priva di qualunque forma di consapevolezza, che non appoggia su alcuna sostanza ideologica, era già lì, un millennio fa. Ma se si può guardare ad allora cercando di comprendere, poiché l’unica via per la conoscenza è la comprensione, si può di certo giustificare in un certo senso quello che avvenne, poiché animato affettivamente da intenti in cui comunque, qualcuno ravvisava i metodi indispensabili alla salvezza dell’umanità. Quell’invasamento dei primi tempi, il delirio specifico dei primi colonizzatori cristiani ed anche quello delle successive sette religiose di stampo monoteista, aveva un suo significato, viveva comunque in una sua dimensione ancora legata al sacro. Sia pure con tutte le contraddizioni del caso, e dentro qualcosa che tutto era fuorché ordine, manteneva una direzione, chiedeva di essere ascoltato, combatteva per sopravvivere. Si può dire che ci sia riuscito. Si trattò di una lotta contro l’animalità, del tentativo evoluto dei primi popoli primitivi di scacciare lo spettro della bestialità che vive in ogni uomo. In fondo si è sempre cercato di fare questo. Scrive George Battaille “ Il sentimento di angoscia che fondò i divieti, opponeva il rifiuto –la fuga- dei primi uomini al cieco movimento della vita. I primi uomini, la cui coscienza era stata destata dal lavoro, si spaurirono di fronte a quella corsa vertiginosa :incessante rinnovarsi, incessante esigenza di morte. …L’angoscia a quanto pare, è l’elemento costitutivo dell’umanità ; non l’angoscia di per sé, ma l’angoscia superata, il superamento dell’angoscia. Essa consuma le proprie forse e risorse, senza limiti;e senza limiti annienta ciò che ha creato. ”Arrivati molto vicino a dove siamo oggi, la decadenza prende le parvenza accettabile di un sistema che cerca e vuole solo la forma, che muore e lancia anatemi solo per quello. Non c’è più alcun significato in ciò che si fa, ne si cerca di darglielo. Non vi è più alcuna preoccupazione per quel che riguarda la sfera sacra o quella profana. Tutto è stato dimenticato, tutto è passato e passando è morto. Vive il debole brillio di una vita dentro la vita nella quale l’umanità ha saputo lottare e permanere, ma alla fine il dinamismo degli equilibri ha avuto la meglio. Se è una questione di natura, e quasi certamente lo è, si tratta di considerare quello che la terra stessa ha voluto simboleggiare con i suoi cicli aperti, i suoi giorni e le sue notti, la respirazione cellulare delle piante, l’evoluzione genetica. Le cause sono spiegate con un microscopio, l’ordine di idee prevalente è quello scientifico, che per molti è ritenuto molto più valido di quello superstizioso –magico dei popoli precedenti. Nel tentativo stabile di discostarsi dalla bestia ed avvicinarsi a dio, si riscoprono quelle risorse celebrali di cui l’uomo è abbondantemente dotato e si tenta rapidamente di raffinarle : il salto qualitativo dell’uomo presso i ricambi generazionali si fa sempre più ampio e veloce ed i cambiamenti seguono un ritmo frenetico. Si parla di mutamenti di pura forma, dentro un ambito sociale ove si è smesso di mettere in discussione ciò che si è, così come si è smesso di interrogare l’etica o la morale. I problema è quello di sopravvivere nel modo migliore a scapito della massa, quello di godere del giorno ad ogni costo, giustificando ogni fine con ogni mezzo. Un epoca che si riavvicina in parte a quella dei primi primitivi, nella misura in cui tutto è profano. Se allora tutto era sacro e non si richiedeva al singolo di discutere su qualcosa che tutti davano per scontato, oggi, allo stesso modo, anneghiamo in un contesto ove tutto è oggettivamente come è, sulla base di una disposizione naturale delle cose. Sono e infinite le teorie di larga diffusione ed i famosi libri di cui le librerie abbondano, quelli che ci libereranno dal fardello del dover pensare autonomamente e dove troveremo tutte le risposte che stiamo cercando. E’ così e siamo così poiché tale è l’ordine indiscutibile delle cose. Il principio divino e sacro è transustato attraverso l’eucarestia dei secoli in una materia che lo ha inglobato e fatto tacere. Eppure se si guarda bene con il microscopio si possono rinvenire quelle sopravvivenze ataviche del principio primo il cui fuoco è sempre pronto per essere ridestato. Densità viva di intenti carnefici, volontà di esistere oltre la morte altrui, sistemi per non invecchiare, desiderio di immortalità. Il tempo in cui c’erano le divinità è così’ lontano che si cerca di diventare come dei, di reinventarsi una forma che possa ricordarli. Dove sono finiti ?. Non sono mai esistiti. Se lo sono inventati quegli ignoranti che hanno coperto dieci mila anni di storia dell’umanità. Soltanto adesso, dopo tutto il sangue che è stato versato, possiamo ritenerci veri uomini, civili ed evoluti. Se le cose stessero in un’unica maniera e ci fosse un’unica prospettiva, conoscere la storia non servirebbe. Sapere e comprendere non potranno cambiare l’orbita complessiva delle tendenze, ma possono fare la differenza fra essere o non essere uomini nel vero senso della parola. Quello che ci illustra il graduale mutamento delle menti e della mente è che l’uomo ha fatto tutto, rendendosi quello che è,e lo ha fatto all’interno di una sua tendenza spontanea, quella stessa che ha avvisato fin dai primi tempi, tentando di porvi ordine. Ma alla fine non vi è riuscito ed ha finito con il dimenticare. Così è tutto più facile. Se non possiamo trasformare attivamente quello che sentiamo in quello che vorremmo, allora è bene lasciare che la ragione occupi quell’ampio spazio dato dal sentimento, e si focalizzi su ciò che vi è da fare. Poiché una cosa è certa oggi: c’è sempre qualcosa da fare che può sostituirsi alla volontà di conoscere. Mentre avvenivano i grandi tumulti dell’Umanità, la prostituzione è rimasta a galleggiare pigra, organizzandosi via via in case di piacere o di tolleranza, nelle zone più malfamate delle città, presso le corti dei nobili, o presso abitazioni private di ricche cortigiane ambite da ricchi duchi o principi. Dopo che la terra ha prosciugato tutto il sangue delle streghe, l’espiazione ha avuto il suo argine e si è potuto ricominciare da capo, in termini più organizzativi. E’ così che il meretricio è diventata il sintomo non troppo evidente di qualcosa che alla fine è stato accettato e lasciato stare, consapevoli tutti della sua necessità. Poiché se il potere di scegliere il destino delle nazioni è sempre stato nelle mani di Maschi, ed i Maschi sono proprio quelli che per primi sono stati ritenuti abili ad investire cariche di responsabilità pubblica e potere, erano proprio quelli che decisero che di puttane c’era bisogno ed era bene tenerle sul mercato. Dalla politica, agli accampamenti militari, ed in tutto ciò che ha poi soppiantato completamente il potere religioso, assumendo il solo vero diritto a decidere le sorti dell’umanità, erano molti Maschi. Poiché la donna è stata ritenuta donna se madre e troia se puttana, essa doveva ricoprire uno dei due ruoli ma non azzardarsi oltre. Il patrismo rimase in auge per molti secoli e la società patriarcale prese il sopravvento con tutte le sue conseguenze, primo fra tutti che i bordelli dovevano esistere ma solamente se organizzati e ben regolamentati. Così il mercato economico che fiorì attorno a questa attività gli diede quella particolare qualità di potere sub sensibile che la ricchezza possiede. Non c’è mai stato fondo a ciò che i maschi potevano spendere per andare a puttane ed il ricircolo di denaro che ne derivava, rendeva tale professione di oggettiva utilità pubblica, per la quantità ingente di capitali che faceva circolare. Non ci fu alcun dubbio quindi, quando la prostituta assunse una formula professionale, che essa aveva il dovere di esistere. Furono chiamati “casini “, in ordine con quel particolare principio naturale che fa del sesso qualcosa di caotico che partecipa dell’animalità, e fiorirono in ogni dove, dal più lussuoso con le migliori femmine, al più malfamato. Negli anni delle guerre che si susseguirono furono la principale fonte di sfogo dei giovanotti militari, tant’è che venivano fatti speciali sconti a coloro che rientravano da fronte. Nel 1958 in tutta Italia si contavano circa 720 case chiuse. Ecco come Lasse Braun li descrive” La differenza era soprattutto ambientale-locali, arredamenti, servizi igienici –ma le ragazze erano più belle, giovani ed arrapanti in quelli più cari, e guadagnavano bene. Nelle “case “ c’era normalmente un salone al pian terreno dove ci si potevano fare accomodare da 20 a 50 uomini. Nelle ore di punta, fuori dal portone, si formavano code in attesa di posti liberi. L’accesso era consentito per legge solo ai maggiori di anni 21. Nel salone, i possibili clienti di solito restavano silenziosi. A volte ci si andava con mici, commilitoni o compagni d’università, e allora si chiaccherava soprattutto nelle ore più calme. Le signorine circolavano in costumi succinti o quasi nude. La tenutaria ne magnificava le doti. I maschi le guardavano. Venivano”incitati” a prenderne una ed andare in “camera”. Mentre era obbligatorio per le signorine accettare qualunque cliente che non fosse ubriaco o deforme o sadico, non c’ era mai obbligo per i frequentatoti di farsene una. ”. Questa descrizione sintetica ed essenziale, spiega a grandi linee come si svolgeva la vita di una prostituta presso le casa di tolleranza e pone luce su quell’aspetto che ho precedentemente voluto mettere in risalto, ossia sull’elemento organizzativo che presso la società patriarcale patrista, si esigeva anche da ciò che era ritenuto caotico. Ed in qualche modo, effettivamente, era stato possibile fare quell’ordine estrapolando dalle condizioni in cui versava tale professione, quella qualità che meglio poteva approvvigionarsi di una data sistematicità, elaborando così un sistema che mettesse d’accordo tutti quanti. Copiosi sforzi erano stati attuati per tenere in piedi il mestiere più antico del mondo e conservare l’unica memoria fatiscente di quella bestialità perduta nei meandri del sociale sempre più stratificato e regolamentato. Ciò fu fatto dalle donne, che sempre tali rimasero e da sempre condivisero e si tramandarono quel concetto di dono,spontaneamente inarcate verso un idea che non poterono mai rinnegare completamente, e dagli uomini, che riconobbero al femmineo un ruolo indispensabile che vollero’ far rimanere tale. Nella piena decadenza della forma, l’umanità trovò la sua quiete e la sua pace. Smettendo di porsi problemi morali, alla ricerca spasmodica di qualcosa che riempia i vuoti fuori da se, permase a livello di prima attenzione e da lì decise di costruire tutto il resto. Mantenne i punti saldi del suo patrimonio istintuale, legato ai primari bisogni della sopravvivenza, e si strutturò intorno le condizioni per il prolungamento del suo piacere ad ogni costo. Tutto ciò doveva avvenire con la spietatezza propria disinteressata di chi ha un solo obbiettivo e per quello è disposto ad uccidere. Ciò che morì, in tutto questo, fu la consapevolezza. Quella dei primi uomini, grande luce che acceca, magnifico sentire che abbaglia, chiara e spontanea conoscenza che non attanaglia, ma fa ascendere, era una forza troppo violenta che l’umanità non aveva più tempo per gestire. Altri erano gli scopi. Mangiare, scopare, lavorare, arricchirsi, acquistare, possedere. Livelli diversi che presero loro differenti direzioni nel tempo e nello spazio, sulla base della fertilità del terreno ove videro il loro sviluppo. La legge Merlin del 1958 non punisce la prostituzione,ma lo sfruttamento della stessa da parte di terzi. Con questa legge si pone la fine necessaria a quella tipologia organizzativa che aveva visto il fiorire di mercati da cui molte figure di magnacci avevano potuto trarre grande ricchezza. Si ritenne che il corpo fosse proprietà privata della stessa, del cui arbitrio potere e dover disporre a proprio unico piacimento. Non un giudizio morale quindi, ma un espropriazione di diritti, un ricondurre quell’ordine entro un altro tipo di caos regolamentato che individualizzasse il fenomeno. Fu la fine della case del piacere. Il femmineo si riversò nuovamente nelle strade o negli appartamenti privati. Le tigri venivano sciolte dalle catene e lasciate libere di mostrare la loro esistenza, di presentarsi discinte agli angolo delle vie, di tentare il prossimo con la propria nudità. Gli equilibri precari che si stabilirono a partire da questo, videro il confluire di due forze antinomiche in un unico ambiente e lo svelarsi della contraddizione umana in termini di evidenza tangibile. L’accettazione obliante del paradosso sociale e la rassegnazione e questa condizione invincibile, misero l’uomo nella condizione di non poter negare a se stesso ciò che era evidente, ma al tempo stesso, dovendo egli promuovere una data immagine sociale, lo resero irriconoscibile ai suoi stessi occhi. Consapevole essenzialmente di questo, ossia di non poter mai essere se stesso, il maschio si diede una norma ed al tempo stesso la negò, rifiutandosi parzialmente di piegarsi alla ragione ed all’istinto. La calcificazione del principio creante produsse l’ ‘effetto di metter in chiaro i profili sintetici della corteccia celebrale e se la biologia e la genetica appoggiavano e giustificavano l’uomo per questo suo modo di essere, non ci fu più bisogno di biasimarsi per questo. La scienza alla fine era diventata dio, colei che tutto sa’. L’ipocrisia sociale fiorì sul terreno stesso su cui la società moderna si era eretta, ossia una crescente specializzazione mista ad un individuazione di carattere egocentrico, ed una ricerca di accumulo incipiente di fronte alla quale tutto è concesso e giustificato. Fu così che i benpensanti non furono solamente puritani, ma esseri trasformati in qualcosa che vorrebbe avere una profondità, ma ne mantiene infine solo la parvenza non avendo alcuna corrispondenza interiore. Nel fenomeno del progressivo disgregamento dei valori sociali, del senso del sacro e del profano, nella perdita del senso collettivo ed individuale, nell’oblio degenere dei sensi che si staccano con il corpo dal concetto di realtà accomunante, è quell’ uscire fuori di tutto, quel diventare necessario del mortalmente finito. L’unica sicurezza risiede nella luce che svela la forma e la bellezza è un canone estetico. Il reale, svuotato do significato, divenne una specie di giungla dove l’uomo ritornò forse più simile all’animale di quanto mai non fosse stato,limitato in questo dalla sua capacità di sviluppare nuove teorie nelle infinite branche della conoscenza scientifica e non. Ed ecco che la puttana cosa diventa ? Dati i precursori e dati i fatti attuali cosa rimane di tutto quanto ?. E’ un eco lontano quello che riecheggia fra le pareti dell’ora, il fumo parassita che inghiotte il sapere per tornare a non esistere. Non è riemersa alcuna fenice dalle ceneri dei posteri, che ancora oggi incantano e meravigliano. Il male si è pienamente incarnato in qualcosa che eppure profuma e profunde, pieno di sé a tal punto da non riuscire più a riconoscersi il confine con la giustizia. E se una verità non è mai esistita e neppure una giustizia deducibile, un ordine sovrano ha riempito gli spazi fra i tempi piegando ogni volta il senso attribuibile. Poiché di male in quanto male non è possibile parlare, se non lo si raffronta ad un idea di bene che comunque può soltanto essere immaginata. La metafisica del sesso non impone qualcosa, eppure nella sua irriducibilità conduce tutte le cause che potrebbero eventualmente spiegare ogni conseguenza. Ridurre tutto alla carne ed alla forma è risultata essere l’ipotesi più sana, la teoria che alla fine è stata attualizzata e messa in pratica dall’umanità. Così la prostituta dei giorni d’oggi ha inghiottito dentro di se’ tutto l’insieme dei significati portentosi di cui era la portatrice e con una fiaccola in mano si è fatta largo nell’oscurità, tentando di riaffermare la sua dignità sacerdotale. Certo è che per poter riappropriarsi degli antichi valori transustati altrove, ci vorrebbe un impegno comune, ed un intento univoco che abbia una ben determinata direzione e forza, unita ad una retta e potente volontà. Ed in fondo l’economia ha dipeso da tutto quello che è stata, per divenire la padrona indiscussa di ogni regola fondata sulla prevaricazione. Oggi non esiste più niente, e tutto è in balia dei tentacoli multi formici su cui ogni sovrastruttura si erige esigendo il rispetto che ottempera a quell’impegno sociale che così faticosamente ha condotto l’umanità moderna a proliferare in piena salute. Ed è a scapito di un principio dell’eros di più alta concezione che è stata sacrificata l’ultima lacrima dalla cui tenerezza sono scaturite le beffe degli atei tronfi e gloriosi di esserlo. Dire cosa è rimasto oggi di quella figura che dona e si fa dono, è un tutt’uno con lo spiegare nei fatti in cosa consiste il lavoro della puttana. Se nel processo di individuazione individualistica sono state rintracciate tutte le scorie di una vita dentro e fuori dalla vita, e nella stessa forma per cui ciò è stato possibile, sono sorti gli apostrofi di questo logos avvelenato, esprimere un concetto al riguardo o tentare di tracciare il filo che lega all’idea, è qualcosa di inattuabile e sacrilego. E’ rimasto questo tacere profuso, nel dilagare raffinato di abili mani che percorrono corpi di maschi, e la promessa di una gloria infranta, in cui tutte le rappresentanti di questo lavoro ancora sperano. Senza gli antecedenti,questo non sarebbe potuto divenire. L’attuale retroguardia progressista che tiene saldi i valori del buongusto sociale, vivificando modelli auspicabili di vita entro una giungla dove sopravvive il più furbo ed il più spietato, guarda alla nostra esistenza come a qualcosa che non sarebbe dovuto essere. Il plauso del pubblico non raggiunge il tempo moderno solo perché è stata soffocata la natura profonda dell’uomo, lasciata a macinare al sole, sottoposta ad ottemperanze la cui urgenza non permette via di scampo. Nel potere detenuto dalla puttana, nella sua libertà totale di scelta, nel suo tentativo di inseguire in idea di ritorno a qualcosa di selvaggio, è una forma di modernità che si confonde fra antichità e presente. Non si saprebbe dire esattamente quanto questa figura blasfema riguardi un epoca particolare, o ne sia il suo derivato od ancora ne sia l’eco inestirpabile. E la storia dimostra che la questione non si colloca su questo piano, che non è questo il punto. Correre ai ripari dentro i propri appartamenti o rifiutarsi di sapere, non ottiene quel conforto che ci si aspetterebbe, poiché non vi è luogo o condominio ove non si possa nascondere una puttana. Non saprai mai se la tua vicina di casa si da’ alla “vita” o se all’angolo sotto il portone c’è sempre la stessa signorina. Lo sguardo maledicente del benpensante il cui palese progressismo è un inchiesta archiviata, può solo tacere od insultare, ma nulla di più. Anche quando la comprensione raggiunge quel profilo sintetico di compassionevole stato emotivo, vi è ancora lo stridere di dita sulle corde del violino antico. Vista acre che è bene nascondere. Se questo fosse sufficiente, avremmo la controprova che oltre la forma non esiste altro. Se questa vuole essere la norma sociale ove tutti si gettano sicuri, avari e vani, indolenti e pigri, ecco che un sentore dal profondo si fa spazio attraverso l’eco millenario, dentro quella coscienza inviolata, dagli oscuri spazi dell’ inconscio. E’ traverso lo sguardo inconsapevole di colui che capisce all’improvviso di avere avanti a se una mantide travestita, colei che inghiotte ed uccide. Nel femmineo stesso si sono ravvisate queste qualità particolari che ne fanno l’imbelle maschera le cui vele saranno spiegate allo scopo di catturare le attenzioni, nel pieno adempimento di un oscuro non riguardo per tutto ciò che vuole stabilizzarsi. Come ultima citazione del caso Julius Evola “Mettendo da parte tutto ciò che è costruito, auspicabile, esteriore, ed escludendo i rari casi accennati, dove non si può parlare di sesso solo perché fino ad un certo segno si è superata la condizione umana, con riferimento al tipo, alla loro “idea platonica”, fra uomo e donna esiste una diversità che esclude ogni comune misura ; anche facoltà o doti in apparenza comuni e “neutre” hanno una diversa funzionalità e impronta a seconda che siano presenti nel’uomo o nella donna. Non ci si può chiedere se la donna sia superiore all’uomo più che ci si possa chiedere se l’ acqua sia superiore o inferiore al fuoco”. A questo punto ci si domanda ove voglia condurre tutto questo ed in quale punto il cerchio si richiude. Dov’è esattamente che l’uroboro si morde la coda ?. Questo accade in quella zona interstiziale dove si nasconde la consapevolezza che tutto ciò che è stato detto, ritenuto, falsificato od ostentato, scritto e ripetuto, potrà riguardare una dimensione collettiva dalla quale il singolo potrà solo illudere di potersi ritrarre, ma alla fine, di fronte alla realtà, è da noi stessi che trarremo i metri di visione che ci serviranno per interpretarla. E se l’individuo singolo nella sua soggettività partecipa a sua volta di un oggettività fatiscente ed aleatoria, quest’illusione è altrettanto vera, poiché non c’è una presa di posizione giusta o sbagliata. Che si voglia negare l’istinto ed il puro pensiero, per conformarsi a qualcosa che non si sa’ bene quando sia sorto, nel guardare dal finestrino dell’auto questa figura tremante per il freddo, che eppure resta esattamente dov’è in attesa, non si può dire di provare un sentimento di gioia. Ed è quello che se ne è andato, che ha lasciato il posto a ceneri da cui ancora la fenice dovrà risorgere, poiché il tempo in cui il perdono ha lasciato in pace il senso di colpa, per quanto mi riguarda ha ancora da venire. La puttana è come una manciata di terra fra le mani, che pare essere afferrata, e si lascia calpestare, eppure si stratifica e procede inesorabile. L’oggi non ha più spazio per il mistero, eppure queste misere vite che pullulano nella notte o sotto il sole, sono rimaste un mistero vivente, un universo fatto di carne irraggiungibile che si piega per accogliere tutto, e tutto lascia nell’ atto stesso di donarsi riceverlo. Ieri, domani o adesso, la puttana ha il potere evocativo che dal disincanto procede verso la conoscenza, impudica e nuda. Getta un ampia rete su un mare sconosciuto, fa risorgere gli antichi fantasmi, non vuole nascondere e chiede di doversi nascondere. Non lo ha mai fatto, e non lo ha mai voluto. Se oggi manca il coraggio di ricordare, in quella forma di male che contrasta il bene comune, è la puttana ad emettere quel seme da cui sorge la vita nascosta, attraverso il concetto, per tornare all’idea. E’ a questo punto che il cerchio si chiude.