Esperienze pre-morte: la crisi del dogmatismo scientifico.

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Nera Luce- Occultista, pervertita, Scrittore e Dottore Magistrale in Scienze del Corpo e della Mente

L’ineluttabilità della morte è una consapevolezza che attraversa la vita di ogni individuo, ed ogni individuo dovrà confrontarsi prima o poi, con la profonda riflessione sulla propria finitezza .

Una riflessione ruvida, pregnante, piena di significatività, da cui è difficile esentarsi, che è parte costituente della vita stessa fino al momento in cui nasciamo.

Non sembra esserci mistero più grande in ogni cultura e in ogni manifestazione storica della profonda realtà rappresentata dal trovarsi di fronte ad un evento che incarna la radicale e totale negazione della propria identità.

Osservando da lontano come la nostra attuale società va strutturandosi, è evidente come essa sia stata costruita al fine di allontanare il più possibile la morte dal quotidiano: nascondendo la morte si tenta di esorcizzarne il suo potere di annientamento.

La morte rappresenta forse la prima e l’ultima certezza ontologica dell’uomo, l‘innegabile realtà costituente la vita stessa, talmente pervasiva e al tempo stesso inafferabile, da aver suscitato l’abnorme e trasversale interesse da parte di moltissime discipline in ambito scientifico, religioso, metafisico e filosofico.

Se con l’affermazione della morte riteniamo in qualche modo di stare negando la vita, affermando la vita partoriamo in un certo senso la morte ed è proprio in questo che emerge l’ambiguità paradossale del suo statuto ontologico: nel suo non essere la morte non può fare a meno che manifestarsi essendoci.E questa paradossalità diventa ancor più evidente ed ingestibile quando ci troviamo di fronte ai fenomeni delle esperienze pre-morte.

Nella sua antologia dei testi vedici, Panikkar, esprime l’idea che un desiderio di vivere non accompagnato da un pari desiderio della morte, non rappresenti un reale desiderio di vivere, ma sia piuttosto da considerarsi come il prodotto di un immaginazione che tenta a tutti i costi di aggrapparsi ad una vita illusoria. 88

 

 

 

La fenomenologia delle NDE e le sue conseguenze riflettono in un certo senso i contenuti di questa affermazione, poichè nella maggior parte dei casi i sopravvissuti alla morte, dopo aver vissuto una NDE, attribuiscono nuovi significati rivelati alla propria vita, intraprendendo processi di rivisitazione della propria scala di valori, e vanno in contro a profonde e radicali trasformazioni della propria attitudine spirituale.

La dottrina epicurea risolve il problema della morte in modo piuttosto semplice e l’affermazione risolutiva di Epicuro porta con sé implicazioni concettuali quasi opposte a quelle che sono presenti nel pensiero di Pannikkar.

 

«Il piú terribile dunque dei mali, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è la morte, quando c’è la morte noi non siamo piú. Non è nulla dunque, né per i vivi né per i morti, perché per i vivi non c’è, e i morti non sono piú » (Epistola a Meneceo, 1970, pp. 62-63)

 

Non sembra tuttavia che le questioni inerenti la morte e il pre-morte possano essere banalizzabili e così facilmente risolvibili, e le esperienze NDE, inserite nella più ampia discussione inerente la natura della morte e le sue implicazioni mediche, psicologiche, religiose e metafisiche, mostrano una costellazione fenomenologica di grande complessità e difficile indagabilità.

La morte e le esperienze pre-morte sono quindi risorse esistenziali e metafisiche di intraducibile valore per potenzialità realizzative del sé? In questi processi il coinvolgimento dei correlati cerebrali quale ruolo svolge e fino a che punto è possibile ridurre le esperienze pre-morte alla sola attività cerebrale?

 

Come ricorda il filosofo Ceruti, vi è un’irriducibile pluralità di punti di vista, linguaggi, modelli, temi, immagini che concorrono-cooperando, ma anche contraddicendosi, alla produzione delle conoscenze nello studio dei fenomeni complessi.

Una provocazione epistemologica da cui ci si ritrae quasi sospesi, tra certezze discrete e possibilità nuove.

Le colonne della conoscenza che la scienza ha eretto nel corso della storia, sono state spesso oggetto di falsificazioni progressive che hanno rappresentato proprio la premessa di base per procedere ad un ampliamento successivo del corpus conoscenziale delle varie discipline.

La vittoria di una nuova verità scientifica raramente è stata ottenuta tramite la semplice negazione della sua plausibilità ed è piuttosto quando ciò che si oppone a questa stessa plausibilità non ha più senso di esistere e quindi decade la sua forza oppositiva, che si assiste alla nascita di una nuova generazione di idee .

Alla domanda cosa sia reale, Arturo Reghini replica, andando contro il senso comune di una realtà concepita come tangibile e spaziale, a cui il tatto e la vista trasmettono un senso indubitabile di sostanza materiale dall’esistenza oggettiva, con l’idea di nuovi modi del sentirsi.

Se l’uomo avverte in forma istintiva, spiega Reghini , questa tangibilità della realtà oggettiva percepita tramite i sensi corporei, è tuttavia possibile, secondo l’autore, percepire il mondo e il sé, tramite l‘opposizione, in modo trascendentale o spirituale.

Questa considerazione ci porta al nostro tema di indagine, in tutta la sua complessità e le sue implicazioni: le NDE sono esperienze che possiamo considerare reali? Quali sono state le diverse ipotesi avanzate dai ricercatori per spiegare questo fenomeno?

I recenti progressi tecnologici e l’evolversi degli studi neuroscientifici, nell’interrogarsi sulla probabile origine delle esperienze pre-morte, hanno sottoposto alla ricerca diverse ipotesi relative ai correlati cerebrali implicati.

Esiti molto interessanti sono emersi dalle ricerche in ambito medico e neuroscientifico, che nell’ultimo trentennio, hanno assistito ad una crescita esponenziale di interesse da parte dei ricercatori, giungendo a fornire interpretazioni biologiche quasi per ogni aspetto tipico delle NDE. Ma la diatriba tra spiritualisti e scienziati rimane aperta, e di difficile soluzione. La natura stessa delle NDE, infatti, ci impone che ne sia fatto oggetto di studio ed interesse multidisciplinare: medicina, psicologia, filosofia, religione e metafisica sono i principali ambiti in cui si colloca l’attuale riflessione e la ricerca sulle Near-death experiences.

Sarebbe infatti limitativo, oltre che in un certo senso utopistico, determinare a- prioristicamente se le NDE rappresentino un fenomeno solamente fisiologico o solamente metafisico .

La scienza può sostenere e fare evolvere la sua ricerca impeccabilmente, ma ad un certo punto si scontrerà inevitabilmente con quel limite intrinseco, che qualifica l’esperienza della morte come una condizione in gran parte misteriosa le cui implicazioni metafisiche non possono essere risolte mai del tutto tramite il solo vaglio verificazionista.

Non si tratta tuttavia di un tentativo dialettico allo scopo di eludere potenziali e innovativi tentativi di analisi scientifica, ma piuttosto di una consapevolezza necessaria ad ogni ricercatore che non voglia ricadere in dogmatismi di basso livello o riduzionismi di matrice materialistica .

Da una parte, il fatto che la maggior parte delle informazioni circolanti sulle NDE provengano da fonti aneddotiche o episodi riportati trasversalmente da terzi va ad alimentare un circolo vizioso di atteggiamenti e opinioni che tendono a svalutarne la validità clinica e scientifica .

Dall’altra, il dominio del paradigma materialista- meccanicistico in ambito scientifico, ha contribuito a sminuire quando non direttamente a negare, il profondo valore dei significati esistenziali, religiosi e metafisici di cui le esperienze pre-morte sono inevitabilmente portatrici.

La mancanza di un dialogo critico tra le discipline che si sono occupate del fenomeno NDE, ha visto la nascita di un panorama alquanto poliedrico di teorie e modelli in ambiti diversi, che insieme, possono offrirci una visione complessiva del fenomeno.  Se non sono mancati autori che hanno saputo validamente integrare relativi contributi provenienti da prospettive ritenute tradizionalmente incompatibili, più spesso il pregiudizio ha alimentato processi di frammentazione della conoscenza, offrendo solo prospettive parziali e perdendo di vista la complessità del fenomeno.

Da un certo punto di vista questa situazione è la trasposizione in un ambito specifico, del secolare conflitto tra fede e scienza, che nel caso delle NDE assume i connotati di un incompatibilità sostanziale tra prospettive metafisiche e prospettive materialiste. Nella pratica clinica, questo schieramento teorico si traduce poi in un atteggiamento restio dei sopravvissuti a raccontare le loro esperienze per il timore di essere ritenuti dei folli

Alla fine dei giorni, la grandezza del corpus conoscenziale accumulato in secoli di teorizzazioni e ricerche, dovrà confrontarsi inevitabilmente con il significato della condizione umana, e misurarsi con ciò che quella conoscenza ha significato per l’uomo nel suo complesso. Questa considerazione è importante poichè la ricerca del significato della vita e della morte, è parte della natura stessa dell’uomo, qualunque sia l’approccio che si sceglie di utilizzare.

Negare a priori che qualcosa possa avere realmente significato o vincolarne il valore ad aspetti parziali e riduzionistici, pone innumerevoli limiti alla visione, oltre che rappresentare una squalifica motivata dal solo pregiudizio, di tutta quella profondità di vissuti ed esperienze di cui l’uomo è potenzialmente capace.

Dove la conoscenza abbia rappresentato un limite per l’espressione delle idee, generando ed alimentando visioni pregiudiziali piuttosto che dubbi e interesse, dove essa abbia vincolato la capacità realizzativa dell’uomo e del suo pensiero, piuttosto che aprirlo ad una maggiore ampiezza di prospettive, essa ha tradito la sua stessa natura e il fine per cui è nata. Se quindi non possiamo esimerci dal considerare il valore sostanziale ed epistemologico che le esperienze pre-morte possiedono in quanto eventi che avvengono nella coscienza dell’uomo, ciò di certo non significa escludere la grandissima utilità rappresentata dall‘indagine scientifico-medica delle cause cerebrali.

Ma se la deriva epistemologica di una teoria in una direzione, sia essa religiosa, metafisica o materialista, deve condurre alla negazione del valore di tutto ciò che non aderisce ad essa, siamo di fronte a dogmi e la natura del dogma è l’assunto ontologico di indubitabilità.

Se la morte è una certezza, se è forse il primo candidato dell’umanità adatto a tradursi in affermazioni dogmatiche, le esperienze pre-morte ne hanno messo in crisi il dogmatismo, creando innumerevoli aree di ambiguità, alimentando una molteplicità di dibattiti, ricerche e tentativi di spiegazione.

Nera Luce